IN CONTINUA EVOLUZIONE

di Laura Bonomini

E’ appena terminata l’annualità di Pranayama in cui abbiamo imparato a governare e guidare il nostro respiro e la nostra forza vitale nel corpo. Attraverso volontà e intenzione mentale, il soffio del respiro, impregnato di Prana, ci purifica e cambia il nostro stato psico-fisico.

Grazie alle tecniche di Pranayama, ho potuto riscoprire quello che il bambino, negli anni della prima infanzia, sperimenta e vive ogni giorno: la sua carica vitale gli permette di mantenere una mente sveglia, attiva, pronta ad apprendere e a conoscere il mondo. E della sua conoscenza fa tesoro.

Ritornare in un certo senso bambina, ma con una mente da adulta, mi ha permesso di trovare un significato più profondo riguardo al mio percorso di studio dello Yoga in Efoa.

Françoise mi ha aperto un mondo, il mondo del mio io.

Ho ancora tantissimo da scoprire ed è incredibile come kapalabhati dopo kaphalabati, dhauti dopo dhauti, bandha dopo bandha, nadi sodhana, bastrika … io non mi stanchi mai di osservare e di annotare nella mente quello che mi succede di volta in volta.

E’ un cammino evolutivo che non finirà mai, in cui si aprono ogni giorno nuove frontiere: tutte le esperienze mi lasciano una sensazione di libertà, libertà dalla gabbia dei condizionamenti, dalle approvazioni che ricercavo dagli altri, dall’illusione dei successi che pensavo di meritare, dagli affetti che supplicavo e che non ottenevo … davvero non immaginavo!

E pensare che mi sono avvicinata allo yoga con la semplice aspettativa di lenire i miei disturbi fisici!!

Ora assaporo, senza quella fretta che mi caratterizzava, il momento, la lentezza, la pace la tranquillità. Mi sveglio col sorriso e con l’entusiasmo. Mi sono anche domandata: “ma dov’ero prima ? , dove sono stata tutti questi anni? cosa rincorrevo?“ Arrivata a questo punto non mi interessa più quello che ero: l’importante è che io sia qui, ora, in questo preciso istante.

Lo Yoga della Potenza

La filosofia alla quale si ispira la nostra scuola dell’Efoa è quella del Tantra (ne sto leggendo alcuni libri e non riesco ad ultimarli, perché non voglio… credo… a questo punto; quindi torno sempre indietro a riappropriarmi di alcuni tesori e a riflettere su alcuni passi, per crearmi una scusa e non completarli mai!!)

La parola sanscrita Tantra è composta dalla radice Tan (estendere, espandere) e il suffisso Tra (trama, tessuto). Il significato del termine è quindi quello di espandere una trama, un tessuto ovvero la nostra coscienza umana, individuale, che si ricongiunge con la coscienza universale.

Noi apparteniamo all’Universo, non abbiamo ricordi in merito a vite precedenti e non vi è alcuna certezza sull’aldilà.

Françoise cita spesso a questo proposito la famosa frase di Socrate “so di non sapere”. Meglio non farsi illusioni, meglio vivere nel presente, perché possiamo facilmente verificare che questa nostra manifestazione umana ha in sé tutta la potenza del divino che l’ha generata (ogni nostra cellula ha le caratteristiche di un piccolo mondo!).

Un gioco della Vita nell’Universo

In realtà potremmo considerarci come un gioco della Vita dell’universo, che a un certo punto (per una ragione che ignoriamo) ha deciso di identificarci in una forma terrestre, e quando il nostro ciclo sarà terminato, ritorneremo a far parte del Tutto, di nuovo anonimi e probabilmente inconsapevoli.

Questa Entità che gestisce il gioco dell’Universo, con caratteristiche divine, era chiamata da André van Lysebeth “il grande architetto”. Definizione più che azzeccata.

L’idea di ritornare nella ciclicità della Vita dell’Universo, al termine della mia Vita terrena, mi tranquillizza moltissimo.

Da questo semplice pensiero si evince che, poiché faccio parte di qualcosa di più grande di me e in me si rispecchiano qualità di natura divina, ho il dovere di portare avanti il progetto della Vita che mi è stata affidata e devo farlo nel migliore dei modi.

Essendo legati al Tutto ogni nostra azione avrà un riflesso sul Tutto, anche ad enormi distanze, proprio come un disturbo che si manifesta in una parte anche piccola e periferica del nostro corpo e che si ripercuote inesorabilmente sull’intero benessere psico-fisico.

Nel nostro microcosmo, l’Essere Supremo e creatore è la mente. Il corpo è il supporto della mente; le permette di trasformare i suoi pensieri in azioni: quindi il corpo deve diventare il tempio della mente, che rispecchia il divino in noi .

Ricollegandoci allo Yoga, è facile trovare il vero significato degli Asana: questi diventano un allenamento, una palestra di vita in grado di farci riscoprire il nostro vero potenziale e farlo riportare nella realtà di tutti i giorni, in ogni singolo gesto.

In questo nostro passaggio sulla Terra tenteremo di realizzare Purna, la completezza, caratteristica propria dell’aldilà, dato che in noi alberga tutta la potenza del divino che ci ha creati .

La prima sequenza dello Yoga della Potenza

Durante la prima lezione di Asana abbiamo sperimentato la possibilità di attingere dalle forze cosmiche e terrestri un Prana puro e potente al tempo stesso, in grado di vitalizzare la nostra riserva pranica, contenuta nei Kanda principali dell’addome e del cuore (centro del torace).

Riconnettermi a Prana Shakti (la Potenza Creatrice) attraverso i Kanda, i punti Marma e le Nadi mi ha dato la sensazione concreta di aver acquisito grandezza e forza interiore.

Ho realizzato che la mia mente è in grado di immagazzinare il Prana dell’Universo quando ho avvertito i risultati, inizialmente sottoforma di grande calore localizzato nella sfera dell’addome e in seguito di un dolce tepore diffuso nella zona del petto.

Al termine della sequenza e per alcuni giorni una strana sensazione si è impadronita di me: la definirei come una forma di ardore, una spinta vitale che ha animato la mia quotidianità, l’ha resa “speciale”.

Probabilmente mi ci abituerò e quindi tutto sembrerà più normale, ma sono convinta che quando ci sintonizziamo con Prana Shakti emergono le nostre potenzialità latenti, inespresse, da tempo sopite nella profondità della nostra anima.

Con le sequenze dello Yoga della Potenza ci riapriamo, ritroviamo un rapporto di interscambio fra il nostro centro e le forze della natura, rimanendo consapevoli di essere individui unici ma, al tempo stesso, connessi all’intero Universo, dal quale veniamo e al quale ritorneremo.

TUTTO E’ IN TORSIONE NELL’UNIVERSO

di Paola Cosolo Marangon

Se ci si muove stimolati dalle cose esterne, questo è l’istinto dell’essere. Quando ci si muove senza venire stimolati dalle cose esterne, questo è il movimento del cielo.

Il segreto del fiore d’oro – Bollati Boringhieri, Milano, 2016 (prima ed. It.1981) pag.126

La riflessione per la settima lezione di Asana parte da una frase di Françoise: “se pensate all’universo, tutto si muove in torsione”.

Abbiamo praticato alcuni asana considerando la torsione quale elemento fondamentale del lavoro interiore. Abbiamo lavorato su noi stessi e sulla percezione dell’IO, partendo dalla respirazione toracica: non solo il costato anteriore, ma soprattutto quello posteriore. La lezione pratica è andata via via a concentrarsi sul corpo, sul lavoro dei muscoli, sulle attivazioni delle catene posturali.

Al rientro a casa, si ripete la lezione mettendosi sul tappetino e tentando di comprendere anche senza la presenza del maestro. E’ questa attivazione che favorisce il lavoro che deve essere portato fuori dallo spazio sacro del tappetino, per diventare vita.

La mia attitudine allo Yoga non si basa solo sulla sperimentazione con il corpo, non mi basta vivere mettendo in pratica, ho bisogno di capire e di approfondire, ho bisogno di studiare e di cercare sempre nuovi stimoli per far diventare quella pratica sul tappetino Vita e significato significante per il mio quotidiano.

La mia curiosità

La frase di Françoise sulla torsione ha continuato a balenare in testa: ho iniziato a verificare che, in effetti, il lavoro in torsione accompagna tutta la nostra giornata, i nostri movimenti, le azioni da quelle banali a quelle più complesse. Poi, mi sono detta, anche i nostri pensieri lavorano in torsione, si avviluppano senza necessariamente diventare “vritti”, si concatenano e danno forma a ulteriori ragionamenti.

E, inseguendo questi pensieri, mi è balzato alla mente un testo molto caro, “Il segreto del fiore d’oro”, con commento di C.G.Jung.

L’ho letto più volte e mano a mano che procedeva il corso di approfondimento con gli insegnanti i yoga ho visto i limiti dei commenti di Jung, ma ho colto anche tante piccole assonanze che forse nemmeno lui sapeva di aver colto.

Il mandala

Una di queste ha a che fare con la torsione. Uno dei mandala che sono contenuti nel libro (tavola 8) parte da un neonato inserito nella sfera di luce e attorniato da un vortice di colori in torsione. Jung lo ha interpretato come “il bambino nella vescica germinale con i quattro colori fondamentali durante il suo moto rotatorio”.

Mi soddisfa anche questa definizione, ma ancor più vi ho trovato l’origine stessa del creato, del mondo che dir si voglia. Quel germe che, mitologicamente parlando, ha fatto scaturire quell’inizio da cui poi è derivato il mondo intero.

Perchè ho voluto fare questa sottolineatura?

Per me è semplice: non ha alcun significato mettersi sul tappetino a costruire forme, se non ci si sente parte di un unico grande moto che interessa tutti gli esseri viventi.

Yoga per me è appartenere a questo universo; nella mia forma umana, trovo consapevolezza maggiore quando, attraverso il respiro, l’attivazione del prana, la volontà, individuo la coscienza come un piccolo aspetto del Tutto. Molecole, non cerco altro, ma le stesse molecole dell’Universo.

Paschimottasana: lo stiramento dell’Ovest

Di Laura Bonimini

Nell’annualità di Asana abbiamo l’opportunità di comprendere e sperimentare, attraverso la realizzazione di movimenti e posizioni, la collaborazione delle strutture articolari e muscolari del nostro corpo.

Capire ed interiorizzare pian piano la corretta dinamica e preparazione delle flessioni in avanti, mi ha riservato una piacevolissima sorpresa, visto che era da tempo che mi rifiutavo di eseguire posizioni come Pashimottanasana.

Le flessioni in avanti e la coordinazione fra le Catene posturali

Le catene posturali

La nostra struttura posturale, ossia l’insieme delle articolazioni e dei muscoli preposti alla realizzazione della staticità e soprattutto del movimento, è composta da cinque famiglie muscolari, chiamate anche catene. Una catena è un insieme di muscoli collegati tra loro da una specifica finalità funzionale. Una buona coordinazione tra le varie catene muscolari si traduce in un buon equilibrio posturale e nella facilità ed economicità del movimento.

Un gruppo di muscoli in tensione esercita un’influenza su gli altri muscoli vicini, sia per un fattore fisico-fasciale che per un fattore nervoso (i neuroni eccitati eccitano quelli vicini).

Esistono principalmente cinque famiglie muscolari che il corpo utilizza per esprimersi; di queste cinque, tre riguardano il nostro rapporto con la verticalità e due la nostra relazione col mondo esterno.

Dal punto di vista meccanico:

  • due delle tre catene della verticalità ci permettono di effettuare movimenti sul piano sagittale: flessione in avanti (catena anteriore mediana) e raddrizzamento (catena posteriore mediana);
  • due catene relazionali (catena anterolaterale e catena posterolaterale) ci permettono di esprimerci attraverso la gestualità e di rapportarci al mondo esterno tramite le estensioni delle braccia-mani e delle gambe-piedi;
  • la terza delle tre catene della verticalità è detta anche catena del ritmo, ed è considerata il “direttore d’orchestra” delle altre quattro catene, quella che coordina sapientemente il lavoro di tutte e quante. I muscoli che ne fanno parte sono profondi ed hanno la funzione di vincere la gravità, per elevarci, intervenendo nella fisiologia respiratoria.

Dal punto di vista psichico le tre catene della verticalità evidenziano il nostro potenziale interiore la nostra natura più profonda, in sostanza come noi ci rapportiamo con noi stessi; le due catene relazionali ci permettono di espanderci e di richiuderci in rapporto al mondo esterno attraverso la comunicazione.

Nello Yoga impariamo a muoverci in modo consapevole, venendo anche a conoscenza delle dinamiche che governano la nostra gestualità e degli schemi di movimento corretti.

Un buon insegnante deve sempre ricordare agli allievi che è l’asana al loro servizio e che lo stato di Yoga si realizza quando raggiungiamo una posizione in una condizione di confort e siamo in grado di mantenerla senza sforzo, affinchè il respiro possa esprimersi e la concentrazione della mente mantenersi costante.

“Non esiste Asana senza Pranayama e senza Dharana”.

Le flessioni in avanti – Le catene maggiormente coinvolte

La catena anteriore mediana rappresenta l’Archetipo della Madre, la terra e il suo significato di accoglienza, stabilità e sicurezza. Le potenzialità della catena anteriore sono insite dentro di noi, in posizione fetale siamo ripiegati in avanti. Ci arrotoliamo su noi stessi naturalmente quando siamo stanchi, quando vogliamo stare in contatto con noi stessi, con la vita vegetativa, con il mondo delle nostre sensazioni.

I punti fulcro di questa catena sono rappresentati dal perineo, dal retto dell’addome, dallo sterno; mentre le estremità della catena riguardano tutta la struttura del fondo della bocca, della gola (diaframma faringeo ) e dell’alluce (in particolare l’abduttore dell’alluce).

La catena posteriore mediana porta verso l’azione: un’immagine esemplificativa è quella del bimbo che si raddrizza per imparare ad alzarsi da terra e iniziare a camminare.

Come esseri umani anche questa potenzialità dell’azione fa parte di noi e della nostra evoluzione e ci permette di realizzarci nella vita, di andare avanti nonostante le difficoltà.

Il punto fulcro della catena è lo spazio del torace, lo spazio con cui ci rapportiamo al mondo. Il punto di attivazione di questa catena è la zona sacrolombare, composta dalle strutture muscolari preposte al raddrizzamento del bacino sulle gambe e sui piedi.

Le estremità di questa catena sono la fronte e i talloni.

La collaborazione fra le due catene coinvolte nella flessione in avanti

Molto spesso l’approccio alla posizione di Pashimottanasana o Uttanasana avviene attraverso la forzatura dell’allungamento della catena posteriore mediante il “tiraggio” eccessivo delle mani che si aggrappano alle caviglie o ai piedi e trascinano volontariamente tutto il tronco in avanti.

Paschimottasana

In particolare la flessione in avanti nasce dall’attivazione della catena anteriore (agonista): di conseguenza si attiverà il rilascio della catena posteriore (antagonista); è quindi essenziale realizzare la collaborazione fra le due.

La preparazione della flessione in avanti

Le azioni sulla catena posteromediana

Un principio fondamentale nella realizzazione di Paschimottanasana è il rispetto di quei punti del nostro corpo che hanno poco potenziale di allungamento:

  • i muscoli della parte posteriore delle gambe, i cosiddetti semimembranosi – semitendinosi, non devono mai essere forzati. Questa muscolatura ha il particolare ruolo di stabilizzare la massa del bacino sui femori per evitare che questo cada in avanti, ed è quindi poco incline all’estensione;
  • la zona lombare, la parte meno mobile della nostra colonna, che riveste il ruolo di principale stabilizzatore della verticalità, è dotata di una rete di muscoli e di legamenti importanti preposti al mantenimento dell’equilibrio del tronco sull’asse verticale e alla distribuzione delle forze verso i distretti periferici inferiori (le gambe). L’unico stiramento benefico che interviene su questa zona è quello provocato dalla respirazione: in particolare durante la discesa del diaframma all’inspiro, quando si attua una delordosi naturale delle vertebre lombari soggette al tiraggio dei pilastri dello stesso e alla pressione interna degli organi.

Da quanto appena esposto si evince che il margine di estensione si potrà ottenere rilasciando altre parti del nostro corpo, come ad esempio le estremità della catena posteriore: sotto le dita dei piedi fino alla zona del tallone – caviglia e dalla fronte fino a tutto il connettivale del cranio.

Sarà altresì importante agire sulla flessibilità delle anche, nonché sulla rieducazione del corretto schema di movimento. Per salvaguardare la salute della colonna è utile allenarsi a ruotare sulla cintura delle anche inclinando in avanti il bacino e a seguire il tronco e la testa che devono rimanere in asse. Infine l’allentamento di contrazioni sulla zona del dorso renderà più disponibile la muscolatura posteriore a concedere al tronco la flessione in avanti.

Le azioni sulla catena anteromediana

La tonificazione dell’addome e dei muscoli pelvici, compresa la tonificazione del perineo sarà essenziale per provocare un ulteriore rilascio della catena posteriore.

In particolare per agire sulla muscolatura profonda della colonna, le torsioni (adattate naturalmente alla nostra fisiologia) sono senz’altro benefiche se accompagnate dalla corretta dinamica respiratoria.

Irrobustire la parete addominale dei trasversi addominali fa sì che per via riflessa, durante il piegamento in avanti, avvenga un naturale allungamento dei muscoli posteriori senza dover intervenire con trazioni forzate.

Pashimottanasana nasce quindi spontanea da un’azione della catena anteriore e dalla giusta collaborazione della catena posteriore: in questo modo, vi sarà rispetto del corpo e non si scatenerà la naturale reattività di una muscolatura troppo tesa e contratta; al contrario, finalmente, potremo percepire il suo abbandono incondizionato alla forza di gravità.

Una volta immobili nella posizione il ritmo del respiro creerà un lieve ondeggiare dal quale sarà piacevole farsi trasportare.

In questo asana apprezzeremo quel naturale ripiegamento in avanti ricordo del nostro periodo prenatale in cui, cullati nel liquido amniotico, ci sentivamo protetti ed amati.

Conclusioni

Ripiegarmi dolcemente su me stessa, nel modo corretto indicato da Francoise, ha avuto un’azione calmante sul mio sistema nervoso: di conseguenza, rilassando e tranquillizzando sia il corpo che la mente, ho ritrovato facilmente interiorità e raccoglimento.

Continuo a praticare Pashimottanasana seguendo queste indicazioni e pian piano sto vincendo le resistenze e le paure che nel tempo mi avevano ostacolato e fatto sì che etichettassi l’asana come pericoloso per la mia colonna quindi fuori dalla mia portata.

CHE COSA VUOL DIRE “FARE” UN ĀSANA*?

di Antonella Filippone

Una breve introduzione al significato linguistico della parola ĀSANA: la radice verbale di questo termine sanscrito è ĀS-: i significati, legati a questo prefisso, sono molteplici. ĀS- vuol dire raggiungere, ottenere, godere, gustare, ma anche stare, risiedere, dimorare.

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IL RESPIRO, UNA PIACEVOLE SCOPERTA

di Angelica Tessitore

Da quando ho iniziato a frequentare la scuola EFOA, la cosa che più mi ha colpito sin dalla prima volta è stato realizzare quanto fosse fondamentale l’atto del respiro nello Yoga. Quanto ho appreso! e quanti esercizi eseguiti! Sono venuta a conoscenza di un nuovo mondo “del Respiro”.

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Il controllo della respirazione addominale

di Laura Roveri

Pranayama, alla scoperta della respirazione addominale

In questa seconda lezione di Pranayama abbiamo esplorato cosa significhi concretamente una respirazione addominale controllata.

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LO YOGA CHE RENDE LIBERI

di Paola Cosolo Marangon

Lo yogi diviene capace di regolare il prāna solamente nel momento in cui tutte le nādī, che normalmente sono piene di impurità, vengono purificate”.

(Svātmārāma, Hathapradīpikā, (Di Marzo Domenico, a cura di, Libreria editrice Psiche 2011, Seconda lezione, n. 5, )

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MULA BANDHA: PRESENZA DEL RESPIRO

di Annarita Manni

Fisiologia intrisa di metafisica: tutto è uno

Il Pranayama può essere praticato a diversi livelli. Questa pratica indiana antica e potente mi ricorda infatti le mastrioske russe: una bambola, che contiene un’altra bambola più piccola, che ne contiene un’altra ancora più piccola e così via, sino ad arrivare al cuore della matrioska, la più piccola (e la più preziosa). Ecco allora il primo strato del Pranayama: l’aspetto fisiologico. Il Pranayama è fortemente legato alla fisiologia del corpo: c’è un corpo fisico dove risiedono la vita e la mente.

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Il respiro, una piacevole scoperta

di Angelica Tessitore 

Una piacevole scoperta

Da quando ho iniziato a frequentare la scuola Efoa, la cosa che più mi ha colpito sin dalla prima volta è stato realizzare quanto fosse fondamentale l’atto del Respiro nello Yoga.
Quanto ho appreso! e quanti esercizi eseguiti!

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TESTA LIEVE IN RESPIRO LIBERO

di Annarita Manni

La mobilità toracica

Nella terza lezione dell’annualità di Pranayama di Bologna Francoise ci propone una sequenza sulla percezione della mobilità toracica attraverso l’utilizzo del diaframma.

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