GLI KSHETRAM E LA PRATICA DELL’HATHA YOGA

di ANTONELLA FILIPPONE

La parola KHESTRA significa “campo, sfera di attività”, ma anche “corpo” inteso come campo di esperienza o di azione (Glossario di Sanscrito, Mother Sai Publications). Lo KHESTRAM, nell’ambito letterario e filosofico, è la vasta distesa di terra (una pianura vicina a Hastināpura, l’attuale New Delhi), scenario di battaglia dei Kuru, cioè degli eserciti comandati dai Pāndava e dai Kaurana, di cui si narra nel poema epico del Mahābhārata. Questo termine, quindi, ha a che fare con una dimensione materiale, visibile, identificabile, che possiamo conoscere e su cui possiamo agire. Nell’iconografia tradizionale, lo khestram ha la forma di un quadrato, come una scacchiera, suddivisibile al suo interno in altrettanti piccoli riquadri già determinati. Gli uomini, appartenenti ai quattro varna (colori, caste sociali) si dispongono nelle caselle della scacchiera, a seconda dell’ampiezza dei propri orizzonti e dei propri ruoli. Così, il filosofo (brahmano) si potrà muovere in un quadrato composto da 81 caselle; il guerriero (kshatriya) si muoverà in una scacchiera di 64 riquadri; il mercante (vashya) ne avrà a disposizione 49; il servo (shudra) rimarrà confinato nel suo unico piccolo quadrato.

brahamano kshatriya vashya shudra
comprensione maggiore della Realtà

Ognuno vivrà nella propria forma, spesso senza scoprire gli altri spazi a disposizione, anche all’interno della sua stessa scacchiera, fino a quando non riuscirà a praticare lo yoga della potenza che lo libererà dalle sue prigioni e dai suoi ostacoli. Fra le abilità sviluppate dallo hatha yoga, vi è senza dubbio quella della consapevolezza, dell’attenzione (jagrat) che portano a moltiplicare i nostri spazi, cioè a percepire tutta la scacchiera e ad abbandonare i condizionamenti che ci imprigionano nei vari ruoli.

Nella pratica dello yoga, seguendo questi principi, andiamo a fortificare e ad affinare una percezione più completa e profonda del nostro corpo (lo khestra), riuscendo a unire via via elementi ed aspetti prima sconosciuti, estendendo quindi le nostre potenzialità. Queste ci consentiranno di sentire e di considerare il corpo stesso come un’entità unica (il nostro quadrato del sole).

Eventualmente, dopo questa prima evoluzione, saremo pronti a superare lo stato materiale per scalare la Montagna Sacra (Monte Meru): incontreremo, nel percorso di presa di coscienza (e non più solo di consapevolezza, come attuato precedentemente) i 6 chakra che ci faranno illuminare dall’alto la condizione limitante in cui eravamo rinchiusi.

LA PRATICA

Gli khetram identificabili nel tronco sono cinque: ne presentiamo due che riguardano Manipura Khestram e Anahata Kshetram. Ovviamente queste pratiche saranno precedute da alcune fasi di preparazione e di purificazione respiratoria.

MANIPURA KSHETRAM (nella zona dell’ombelico e nella seconda lombare)

  • SETHUASANA (per favorire la forza del diaframma sulla mobilità lombare)
  1. Nella fase dinamica, inspirando portiamo in alto il bacino, utilizzando la spinta dei piedi; espirando, riportiamo la schiena a terra, appoggiando le vertebre una dopo l’altra.
  1. Nella fase statica, una volta che siamo riusciti a salire nella posizione con una respirazione adeguata, manteniamo sethuasana con l’aiuto delle mani sotto la zona lombare, percependo il movimento della respirazione sulla colonna vertebrale.
  • DHARMIKASANA (per favorire, fra l’altro, la consapevolezza dell’addome nella respirazione e l’allungamento della colonna)

Nella posizione (con le ginocchia divaricate), dovremmo percepire lo spazio dell’addome ampio e in movimento e come questo si possa riflettere anche sulla colonna. Nella fase di rientro, comminando indietro con le mani, cerchiamo di sentire come adesso il respiro porti una nuova linfa in questa zona del corpo.

ANAHATA KSHETRAM (al centro del petto e fra le scapole)

  • MARYCHIASANA (per favorire la mobilità della gabbia toracica e la consapevolezza del movimento respiratorio delle scapole e del dorso)

Nella fase statica (per esempio, nella variante con una gamba allungata) è importante la posizione delle braccia che allargano la zona posteriore della schiena, nel dorso: lì dovremmo portare la nostra attenzione, osservando il movimento respiratorio del torace.

VRITTI ARDHA BHUJANGASANA (per distendere la colonna, sciogliere le anche e le spalle, percepire la mobilità respiratoria del torace)

  1. Nella prima variante, l’inspirazione, aprendo il torace, porta il braccio in apertura. Nell’espirazione, avremo cura di non lasciare questa sensazione, riportando la mano a terra.
  1. Nella seconda variante (in cui le mani si intrecciano dietro la schiena) cerchiamo di focalizzare la nostra attenzione sempre sul torace che si apre naturalmente.

Quando lasceremo la posizione, sedendoci in Vajrasana, andremo a sentire come tutta l’area anteriore e posteriore del torace si sia rivitalizzata e come il respiro vi fluisca naturalmente e profondamente.

Quando il cuore non è solo al centro del petto

di Paola Cosolo Marangon

Il corpo è un giardino, la volontà è il giardiniere

William Shakespeare, Otello

La mia riflessione sulla pratica collegata alla quinta lezione di Pranayama parte proprio dalle parole di Shakespeare. Ho visto questa tragedia un sacco di volte ma, come spesso accade, non avevo mai fatto caso alla frase sul corpo e il giardiniere. E’ stato come ascoltarla per la prima volta e, ne sono persuasa, attraverso la pratica quotidiana dello yoga si affinano i sensi e la concentrazione aumenta, tanto da scoprire costantemente cose nuove anche nel già noto.

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Purificare e stabilizzare mente e corpo: la duplice natura del respiro

di Giorgia De Giorgi

Il respiro

Il respiro è un’attività fisiologica che fa capo sia al sistema nervoso autonomo o neurovegetativo, sia a quello volontario. Grazie alla sua duplice natura, esso svolge due importanti funzioni.

  • Quella affidata al primo consiste nel percepire i blocchi, gli squilibri e le irregolarità presenti all’interno del sistema mente-corpo, che influiscono sulla qualità e la quantità dell’aria emessa.
  • Il secondo, invece, si occupa di ampliarlo, farlo tornare regolare e stabilizzarne il ritmo, grazie alle stimolazioni funzionali attivate dal pensiero, quindi di riportare in equilibrio neurovegetativo l’intero organismo.

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Un Kriya pranico in Parvatasana

di Eva Nuti

Radicare le nostre Fondamenta…

L’obiettivo di questo esercizio è quello di lavorare sul senso di solidità e di forza, contribuire ad accrescere la robustezza e la centratura dell’individuo.

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Yoga: strada verso la Consapevolezza

di Roberto Laurenzi, Caposcuola Fondatore della Scuola EFOA e dell’insegnamento dello Yoga e Yoga Terapia

Lo sviluppo delle percezioni attraverso le terminazioni nervose

Lo Yoga è il percorso che conduce da uno stato di dispersione, o non-consapevolezza, (avidya) alla consapevolezza (vidya).

In India si dice che la non-consapevolezza è la causa di ogni sofferenza, malattia, instabilità, allorché la consapevolezza rappresenta la soluzione di tutto ciò.

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La pratica consapevole dell’Hatha yoga

di Lina Riva Storchi

Esprimersi secondo natura

L’hatha yoga mira ad utilizzare il corpo in modo da portarlo ad esprimersi secondo la propria natura, liberandosi dai condizionamenti: acquisiti, innati, ereditati.

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Hatha Vidya: prana, mente attiva e asana

di Romani Alessandra

Elementi di Hatha Vidya

L’attivazione della mente con l’osservazione del prana, prana =vita,  il rapporto tra mente e prana, gli asana rispetto alla mente. Questi alcuni degli elementi che mettiamo in azione quando facciamo Hatha Vidya.

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Hatha Vidya, Consapevolezza Corporea e Equilibrio

di Cristiana Isaro

Hatha Vidyà

Lo hatha vidya permette di entrare in profondità nell’essenza dello Yoga.

Lo Yoga permette di vedere la realtà così com’è; se essa è un sogno ci permette di non farci illusioni e di accettarla in quanto tale. In questo modo ci si libera dell’illusione ma anche della sofferenza.

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La conquista di un asana nell’esperienza del Kriya

di Marina Oneta

Conquistare una posizione

Come conquistare una posizione con il Kriya Yoga, immettendo circuiti pranici che ci faranno scoprire l’agevolezza e la comodità della statica.

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Interagire con prana

di Giulia Bertani

Manas shaktimat prana

“Manas Shaktimat prâna”, la mente conduce e potenzia il prâna.

Per noi occidentali, prâna è una bellissima parola, ci piace tantissimo e ne parliamo parecchio. Per noi, prâna, lo abbiamo studiato, è ciò che è di sostegno alla vita, il soffio vitale.

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