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Yoga: strada verso la Consapevolezza

Dic 1, 2016 | Articoli Insegnanti

di Roberto Laurenzi, Caposcuola Fondatore della Scuola EFOA e dell’insegnamento dello Yoga e Yoga Terapia

Lo sviluppo delle percezioni attraverso le terminazioni nervose

Lo Yoga è il percorso che conduce da uno stato di dispersione, o non-consapevolezza, (avidya) alla consapevolezza (vidya).

In India si dice che la non-consapevolezza è la causa di ogni sofferenza, malattia, instabilità, allorché la consapevolezza rappresenta la soluzione di tutto ciò.

Ciascuno di noi è convinto di essere consapevole, eppure, la stragrande maggioranza delle nostre convinzioni risultano infondate e la non-consapevolezza ci sommerge.

Ciascuno di noi è convinto di essere pragmatico e aderente alla realtà; la scienza dello Yoga ci dimostrerà che viviamo tutti in un mondo di sogni, dal quale ci dobbiamo risvegliare.

Questo risveglio è importantissimo, dal momento che il nostro essere – un meraviglioso insieme di pensieri, sentimenti, emozioni, passioni, pulsioni, organi e cellule – degenera e si ammala quando è vittima della non-consapevolezza.

Il nervosismo è un fenomeno del nostro tempo, come pure le malattie psicosomatiche, tanto che c’è, addirittura, chi sostiene che tutte le malattie siano, in realtà, di origine psico-somatica.

Ma cosa è la consapevolezza? E, di conseguenza, cosa è la non-consapevolezza?

Attraverso la pratica degli asana dovremmo entrare in contatto con il nostro corpo. Questa non è un’esperienza usuale, dal momento che, solitamente in molte scuole di Yoga, il corpo viene utilizzato, ma non percepito.

Anche nella vita ordinaria, noi ci troviamo “affacciati” alla finestra dei sensi e guardiamo il mondo esterno: solo l’esterno ci interessa e ci affascina.

Ci affaccendiamo nelle nostre attività quotidiane, rivolgendoci totalmente all’esterno, e anche durante il tempo libero “ammazziamo il tempo” con attività esteriorizzanti.

Sempre proiettati fuori di noi, abbiamo dimenticato ciò che è dentro di noi e, soprattutto ed incredibilmente, ci siamo dimenticati di noi.

Se questo è vero, come è vero, noi tutti dobbiamo porci un compito imprescindibile: riprendere contatto con “noi”, con il nostro corpo, con il nostro essere, dal momento che abbiamo un urgente bisogno di questo contatto. Vediamo di spiegare il perché.

Perché riprendere contatto con noi

Esperimenti compiuti con l’aiuto di elettrodi hanno dimostrato che se rivolgiamo il nostro pensiero ad una determinata parte del nostro corpo, questa parte diviene rapidamente più vitale.

Per esempio, se ci concentriamo su un dito, le apparecchiature di bio-feed-back registreranno immediatamente un aumento della temperatura, un maggior afflusso di sangue e così via.

Tutto questo sta a significare, che per il corpo risulta indispensabile l’attenzione da parte della mente.

E’ come se il corpo si compiacesse di essere osservato dai nostri pensieri e si vitalizzasse in funzione di questi, allorché sembra deperire quando l’attenzione per troppo tempo langue.

Tant’è che c’è chi sostiene che la malattia non sia altro che l’ultima risorsa che quella zona del corpo mette in atto per richiamare la nostra attenzione.

E il mondo moderno, che ci costringe innaturalmente a rivolgere la nostra attenzione esclusivamente all’esterno, ne risulta l’esempio lampante per il nervosismo generalizzato, sconosciuto alle generazioni precedenti, che lo caratterizza.

Ora, gli asana ci permettono di riprendere coscienza del nostro corpo e di iniziare a rivitalizzarlo.

E’ questo un primo passo verso vidya (la consapevolezza), un’esperienza totalmente nuova, che rivitalizza l’intero nostro essere, il quale si rilascia completamente, espellendo il nervosismo da penuria di consapevolezza che sino ad allora lo attenagliava.

La Propriocezione

Durante gli asana, i sensi, che solitamente sono rivolti verso l’esterno, vengono rivolti all’interno, ad indagare un territorio totalmente nuovo.

Ad attivarsi, però, non è nessuno dei cinque sensi ordinari, ma è qualcosa d’altro. Vediamo di scoprire cosa.

L’intero mio corpo è interamente intessuto di terminazioni nervose, delegate a recepire tutti gli stimoli che provengono dall’esterno e ad inviare ai vari apparati locali tutti gli stimoli che sono ad essi necessari per effettuare le funzioni alle quali sono delegati.

Queste terminazioni nervose, al di là del loro uso abituale, sono comunque dei recettori nervosi, dunque sono in grado di inviarmi una gran quantità di informazioni interne, totalmente differenti da quelle che provengono da stimoli esterni attraverso i cinque organi sensoriali ordinari, ed alle quali sono abituato.

Purtroppo, per troppo tempo mi sono lasciato andare a servirmi solo dei cinque sensi (che servono solo ad entrare in contatto con il mondo esterno), mentre non ho mai utilizzato tutte le altre terminazioni nervose, che contengono, in potenza, innumerevoli altri organi sensoriali di contatto con l’interno.

Ora se la natura mi ha fornito di soli cinque organi sensoriali rivolti all’esterno e di innumerevoli organi sensoriali interni, perché ha fatto tutto questo?

Perché il mio essere psico-fisico ha bisogno di un numero limitato di organi ricettivi esterni e di un numero molto più ampio di organi ricettivi interni.

Il motivo è che il centro vitale del mio essere si trova all’interno e perciò la natura privilegia il contatto con questo centro delegato a garantirmi la sopravvivenza primaria (il contatto con l’esterno, attraverso i cinque sensi, mi garantirà egualmente la sopravvivenza, una volta, però, che l’aggregato cellulare interno sia in ordine; si tratterà, dunque, di una sopravvivenza derivata o secondaria).

Perciò, possiamo porre questo assioma:

«Lo Yoga è una disciplina che ci consente di porre sotto il nostro controllo tutte le terminazioni nervose del nostro corpo e ci permette di utilizzarle al meglio e consapevolmente».

Ottenere la conoscenza percettiva delle terminazioni nervose interne, permette di rivolgere il nostro sguardo verso l’interno del nostro corpo alla scoperta delle meraviglie che contiene, un intero universo, il mio universo.

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