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Ritrovare la natura sfolgorante del pensiero

Gen 7, 2016 | Kriya

di Ilenia Franceschini

Riscoprire la natura della mente col Kriya Yoga

Il nostro pensiero deve ritrovare la sua natura folgorante, per questo utilizziamo le potenzialità del Kriya Yoga.

La natura della mente

Nella società attuale, più che mai rispetto al passato, il nostro pensiero è catturato dal mondo esterno, disobbedisce alla nostra volontà, concentrato nel fare strategie.

E’ frammentato e si muove in più direzioni, schiavizzato dalle emozioni, perdendo così efficacia e potenza.

È un pensiero pigro, intorpidito dalla pesantezza del corpo, che lo rende tamasico e inerte.

Kriya Yoga

È una tecnica poco conosciuta, un percorso iniziatico, è in parte una tecnica segreta.

Con questo tipo di yoga esercitiamo la volontà, indirizzando il pensiero attraverso circuiti corporei, scelti da noi, che ci permettono di purificare la mente dall’inerzia, dalla passività.

Ridiamo velocità al pensiero, e quindi alla mente le sue potenzialità.

Dobbiamo veicolare il prana lungo questi percorsi utilizzando il respiro come veicolo.

La nostra mente dovrebbe essere sattvica, quindi lucida e folgorante, mentre per lo più è tamasica, vale a dire ottusa e legata alla dispersione dei bisogni esterni, oppure rajasica, mossa dall’emotivo e in perenne movimento, quindi non focalizzata su nulla.

La Mente guida il Prana

Lo yoga ci dice che la nostra mente è poco efficace, proprio perché attratta da più cose contemporaneamente, mentre la sua forza sta nel porsi un obiettivo alla volta (ekagrata).

In particolare ci interessa focalizzare la mente sul corpo.

Dobbiamo ricreare un contatto con un corpo che quasi mai viene percepito.

La mente, conducendo il prana attraverso percorsi corporei, riscopre e rivitalizza il nostro corpo.

La mente, sempre rivolta all’esterno, pian piano seguendo dei percorsi, detti nadi, cambia l’obiettivo della sua attenzione e si focalizza sul corpo.

Inizialmente il mediatore tra corpo e mente è il respiro, attraverso la pratica si riuscirà ad andare oltre il respiro e ad agganciarsi al prana.

I percorsi, infatti, sono manovahini, quando sono tracciati solo dalla mente, o pranovahini se la mente vi conduce il prana.

Sede simbolica del prana è il tronco, il luogo degli istinti, delle emozioni, dei sentimenti, quindi luogo del calore della Vita.

Con il Kriya si cerca di togliere al prana il suo aspetto incontrollato, di condurlo, e quindi di purificarlo.

Nadi

I percorsi o Nadi sono, secondo quanto indicano i testi, 72.000, o anche 350.000, numeri che stanno a indicare l’infinita possibilità di percorsi.

Va detto che ci sono dei percorsi codificati, e sono quelli che riguardano le nadi Ida, Pingala e Arohana e Awarohana, in quanto ripropongono all’interno del corpo pranico, i percorsi cosmici, mentre Sushumna assume la natura del corpo causale.

Poiché noi riproponiamo in piccolo ciò che è nel macrocosmo, tutto quello che avviene lì, si struttura anche in noi con la pratica dello Hatha Yoga.

I punti Marma e i Kanda.

Il termine Marma deriva dall’Ayurveda, sono in totale 108 punti, che riguardano il corpo fisico e il corpo pranico, costituiscono una sorta di sfinteri, delle porte di entrata e di uscita.

Alcuni nel tronco possono essere visti come delle proiezioni dei chakra, e costituiscono delle “stazioni”, punti che devono essere percepiti, lungo i circuiti che passano anteriormente e posteriormente al tronco.

Vi è un kanda principale, a forma di uovo, che è la radice delle nadi, e si possono poi nella pratica percepire kanda secondari, come punti di concentrazione del prana.

Kriya rende la mente sattvica (immobile e pura)

La parola kriya viene dalla radice kr- che vuol dire movimento, azione pura.

Il secondo pada degli Yoga Sutra si intitola (oltre che Sadhana Pada) Kriya, che in questo caso vuol dire azione di purificazione.

Mentre per lo Hatha Yoga è importante riappropriarsi della vitalità del corpo, in quanto unico luogo di potere della mente, dove si manifesta la completezza delle nostre potenzialità.

E’ il nostro microcosmo fatto a somiglianza del macrocosmo.

Ciò si realizza principalmente grazie all’attivazione della mente nella produzione e conduzione di prana, che rappresenta l’aspetto psichico vitale.

Patanjali considera il corpo e le emozioni/prana, come ostacoli alla realizzazione della mente, e pertanto vanno annullati.

Per entrambe queste forme di yoga, l’obiettivo è quello di arrivare a una mente immobile (sattvica).

Patanjali lo ottiene spegnendo corpo e anima, per poter aspirare alle vette della spiritualità.

Il Kriya Yoga ridà al pensiero una velocità sempre maggiore, fino a quando diventa folgorante, e una velocità totale corrisponde all’immobilità.

Sarà un lavoro progressivo, dapprima lento, poi il lavoro di purificazione diventerà sempre più agile, più veloce.

Patanjali vuole che il pensiero rallenti tanto da fermarsi, il Kriya Yoga vuole che vada talmente veloce da essere presente ovunque contemporaneamente e non avere più necessità si spostarsi.

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