di Marina Oneta
Conquistare una posizione
Come conquistare una posizione con il Kriya Yoga, immettendo circuiti pranici che ci faranno scoprire l’agevolezza e la comodità della statica.
Assumere una pozione
Abitualmente, nello Yoga, assumere una posizione significa tentare di raggiungerla al meglio e mantenerla il più possibile.
Molto spesso però questo obiettivo si conquista stirandoci e aggiustando la posizione al meglio, affaticandoci notevolmente e sperando di percepire il corpo solo là dove lo stiriamo, perdendo così alcuni fini dell’Hatha Yoga: essere consapevoli , presenti e vitalizzarci con la conduzione del prana.
Come conquistare un asana
Ma vediamo ora come si può conquistare un asana vivendolo al meglio e catturandone ogni suo aspetto vivificante con il Kriyà.
Attenzione alla routine
Poniamo di riuscire a raggiungere la posizione in modo corretto, con tutti i crismi e le attenzioni dovute.
Andremo a stabilizzare il respiro, tutte le funzioni, il nostro stato psicofisico, ci abitueremo alla pratica che diventerà un’abitudine senz’altro buona , ma pur sempre routinaria, cosa che addormenta il corpo.
Faremo yoga con processi automatici che faranno parte sempre più del sistema vegetativo, useremo l’intelligenza del corpo senza propriocezione e non ci osserveremo più.
Tutto ciò entrerà in un circuito virtuoso, a cui ci abitueremo, di cui non potremo farne a meno… ma è l‘obiettivo dello yoga?
La consapevolezza di sè, del proprio corpo, della propriocezione e dell’unicità di mente, corpo, prana, l’obiettivo da raggiungere, la conoscenza e la consapevolezza del qui e ora, con routine e intelligenza del corpo forse non coincidono.
La Consapevolezza del circuito di Prana
Con la creazione di circuiti, il Kriya pone l’accento su come lo stesso asana possa essere vissuto più a lungo e consapevolmente.
Con il kriya sfruttiamo quei circuiti che vanno ad alimentare il prana e a creare canali psichici che attraversano il nostro corpo fisico, pranico e aldilà, le forze cosmiche.
Per rendere il concetto più chiaro facciamo l’esempio di una posizione nota e mediamente intensa, la dea della montagna.
La dea della montagna
Assumiamo la posizione al meglio delle nostre possibilità.
Sentiamo l’appoggio saldo delle mani e dei piedi a terra, i talloni sono a terra, la testa cade in allungamento tra le braccia.
Inspiriamo e creiamo un percorso dal centro dei piedi sino all’addome davanti al coccige.
Soffermiamo la nostra attenzione respirando dieci volte e creando così un micro kanda in quella zona, lo sentiamo presente alla nostra coscienza.
Ora creiamo un secondo circuito sentendo il primo presente, ma in secondo piano.
Dalle mani inspiriamo prendendo forza dalla terra e creiamo un secondo micro kanda pulsante nell’addome sotto all’ombelico, ci respiriamo dieci volte sentendolo presente in noi.
Lo lascio presente, ma in un piano secondario.
Creo un terzo canale tra il primo micro kanda e il secondo.
Creandone un terzo al centro dell’addome, questo è più grande, sarà il kanda principale che si alimenterà di prana.
Ci respiro dieci volte, lascio il tutto presente, ma su un piano secondario.
Vado a creare un quarto kanda alimentandolo nel petto, circuito che va dal terzo lungo la spina dorsale;, ci respiro dieci volte sentendolo sempre presente a me stessa.
Come si può intuire si possono creare questi circuiti e kanda in tutto il corpo: nella testa, nel petto, nell’addome, al centro delle sopracciglia; mantenendo anche il contatto continuo delle forze cosmiche da dove attingo inizialmente.
Terminiamo..
Quando avrò terminato mi accorgerò di aver mantenuto la posizione molto più a lungo e senza sofferenza e fastidio, anzi la sensazione sarà di benessere generale, se ne uscirà rinvigoriti accorgendoci di come la mente riesce a stare nel corpo ricaricandolo di flusso vitale.
In questo modo ogni asana sarà vissuto in modo diverso.
Non ci sarà l’abitudine e l’assuefazione perché ogni volta, anche lo stesso asana si arricchirà di nuovi aspetti e potremo aggiungere elementi vivificanti, mantenendo sempre l‘attenzione della mente nel corpo.