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Interagire con prana

Gen 6, 2016 | Kriya

di Giulia Bertani

Manas shaktimat prana

“Manas Shaktimat prâna”, la mente conduce e potenzia il prâna.

Per noi occidentali, prâna è una bellissima parola, ci piace tantissimo e ne parliamo parecchio. Per noi, prâna, lo abbiamo studiato, è ciò che è di sostegno alla vita, il soffio vitale.

Esiste Prâna ?

La nostra cultura, la scuola, la società, le fiabe o i cartoni non ne parlano, al più inseriscono qualche folletto o una buona fata madrina, ma il concetto di prâna rimane un tabù, qualcosa di astratto e, probabilmente per loro, non reale.

Siamo abituati ad affidarci alla nostra esperienza, quella che percepiamo attraverso la vista, l’udito, il tatto, il gusto e l’olfatto, il non visibile non esiste.

Antoine de Saint-Exupéry scrive: “l’essenziale è invisibile agli occhi” e dicendo questo, parlava di qualcosa d’impalpabile, del potere di un legame che rende qualcosa o qualcuno speciale, che lo carica di un valore diverso e che lo identifica tra mille copie identiche.

I grandi sorridono e usando un buon ragionamento logico, catalogano “Il piccolo Principe” e i suoi disegni nel comparto della letteratura per ragazzi.

Prâna nei sogni

Ma il prâna non passa dai sensi fisici, avviene nella mente allo stesso modo di come si percepisce, vede e sente nei sogni.

Eppure gli effetti di quanto percepisco nel sogno sono comunque verificabili nel corpo, basta pensare a quando spaventati nel sogno aumentano i battiti cardiaci.

Eppure siamo davanti al prâna come i prigionieri del Mito della Caverna di Platone e pensiamo che le sole cose vere siano quelle che possiamo vedere, toccare e sentire.

Hatha Yoga senza Prâna

Nello stesso modo siamo portati ad avvicinarci alle pratiche di hatha yoga.

  • Assumiamo la posizione innanzitutto, basandoci sul ricordo di un’immagine e su eventuali istruzioni;
  • poi attiviamo i nostri recettori muscolari e andiamo a cercare eventuali tensioni, punti di carico o di rilassamento.

In questo modo attiviamo i nostri sensi: la vista nel ricordo dell’immagine, l’udito in quello delle istruzioni e il tatto nella percezione del corpo.

Hatha Yoga con Prâna

Questo è già molto bello, ci dà modo di portare la nostra attenzione nel corpo, ma siamo proprio sicuri che non sia possibile andare oltre?

Françoise Berlette e Roberto Laurenzi sostengono che una buona pratica di yoga abbia bisogno di qualcosa in più, di un elemento potenziante: il prâna.

Imparare a lavorare con la mente, è indispensabile se si vuole arrivare a lavorare con il prâna.

La mente conduce il prâna, ma per poterlo fare deve essere capace di concentrarsi, deve essere creativa e libera, ovvero, deve saper scegliere su cosa portare la sua attenzione e deve essere capace di andarvi.

Per una società occidentale, dove viene considerato vero, solo ciò che è visibile e ha una dimensione fisica, questo non è di certo facile.

E’ possibile abituare la mente a interagire con prâna, e lo si può fare dedicandosi al Kriya Yoga, delle pratiche per lungo tempo mantenute segrete, oggi insegnati con cura particolare da Françoise Berlette.

I Kriya fisici per addestrare la Mente

Consideriamo in primo luogo i kriya fisici.

Particolari sequenze di movimenti complessi, che appunto per la difficoltà di coordinamento obbligano la mente a vigilare sul corpo con un’attenzione completa.

Eseguendo queste particolari sequenze, ci si rende facilmente conto di quanto la mente non abbia un solo istante di tempo in cui poter evadere rapita da chissà quali pensieri.

Rimane lì, dove la nostra volontà le dice di andare.

Passare da una posizione all’altra concatenando i movimenti, crea uno stato di assorbimento dell’attenzione molto particolare in cui la presenza nel corpo diviene esclusiva e intensa; un andirivieni ridondante di spostamenti che confinano la mente nel qui e ora.

I Kriya mentali per addestrare il Prâna

Ma come fa la mente a raggiungere le sue mete nel corpo?

Con le pratiche di kriya mentali, la mente si muove nel corpo attraverso dei canali che essa stessa crea e dove veicola il Prana.

In un primo momento, il respiro accompagnerà la mente nel suo viaggio, ma con la pratica questa acquisirà consapevolezza e si staccherà per poter essere libera di spostarsi con la rapidità che la caratterizza.

Sì perché la mente è così veloce, che può essere in più punti in uno stesso momento.

La Mente, le Nadi e il Kanda

La mente crea queste vie, si chiamano nadi, e sono i percorsi lungo i quali è possibile incanalare e dirigere il prâna.

La Terra, il Sole, la Luna, gli astri, la natura, il cosmo, tutto è una riserva inesauribile di prâna,

Anche in noi, proprio nel nostro addome, circa tre dita sotto al nostro ombelico, abbiamo un serbatoio di prâna (kanda) che è in noi sin dal momento della nostra nascita.

Immaginiamo questo kanda come la nostra riserva di vita; traumi, cattive abitudini, disagi e l’invecchiamento stesso, lo vedono esaurirsi pian piano.

I Kriya pranici per nutrire il Kanda

I kriya pranici mirano a scambiare prâna con l’esterno e a veicolare quello del nostro kanda interno.

“Manas Shaktimat Prâna”, ora con l’ausilio di una mente libera di scegliere come operare, capace di creare un’infinità di nadi, è possibile convogliare, dirigere e spostare prâna dove si vuole, per nutrire il nostro kanda, per potenziarci, ma anche per risanarsi.

Per poter ottener un buon risultato non basta parlare di prâna, ma sono indispensabili la volontà di praticare e la conoscenza sia del funzionamento teorico sia dell’esecuzione degli esercizi, con il tempo si rimarrà piacevolmente sorpresi dai risultati ottenuti.

Non è facile provare a muoversi tra queste teorie, eppure si può fare una prova.

Capire Prâna, … provandolo

  1. Senza guardarlo, si inizi a muovere il dito indice della mano destra, flettendo tutte le falangi chiudendolo e riallungandolo:
  • Facciamo ben attenzione a stenderlo completamente, quasi a voler allontanare il più possibile il polpastrello dal palmo della mano.
  • Si noterà che la mente dirige e segue con attenzione tutti i passaggi, percependo il dito nelle varie forme che assume, e gustando i movimenti di transizione con interesse. Facilmente si percepirà questo dito in modo diverso dalle altre dita.

Ora se si prende il dito indice della mano sinistra e lo si fissa con attenzione per circa venti secondi,

  • si noterà come solo guardandolo, questo dito sia percepito meglio, eppure non è stato mosso, le contrazioni muscolari non hanno stimolato niente; vi è stata solo portata intenzionalmente l’attenzione.

Il fatto è che la mente si trova rivolta al dito:

  • nel primo caso, perché portata passivamente dalla realizzazione dei movimenti specifici;
  • nel secondo caso, volontariamente, trascinando con sé prâna;

Ed è proprio questo prâna, che ci fa sentire le dita più grandi, calde e presenti.

Approfondiamo l’esperimento..

Si riprenda adesso il dito indice della mano destra:

  • lo si senta, lo si guardi intensamente o percepisca cercando di visualizzarlo con gli occhi della mente;
  •  s’immagini che dalla Luna, si diparta un intenso raggio argentato che si versa direttamente nel dito entrando dalla punta del polpastrello;
  • si resti in questa contemplazione qualche secondo ancora, quindi inspirando ci si stacchi da questa condizione.

Conclusioni

Ebbene se si è riusciti a concentrarsi, immaginare il raggio di Luna e creare il punto d’ingresso del fascio lunare, si noterà che percepiamo il dito sproporzionato rispetto all’altro, che il suo contorno non è più freddo e delineato, ma pulsa, è caldo e possente.

Ecco, questo è l’effetto del kriya yoga e la stessa prova la si può fare su una qualsiasi parte del corpo.

Questo esercizio lo si può comparare con il primo tentativo del prigioniero che spezzate le catene tenta di guardare in direzione dell’entrata della caverna, gli bruciano gli occhi, è abbagliato dalla luce, non vede chiaramente, ma capisce che esiste qualcosa di più rispetto alle ombre sul muro.

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