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Che cos’è Prana

Dic 29, 2015 | Kriya

di Dania Bicchierai

Prana: una percezione tangibile

Che cos’è Prana, come attivarlo e percepirlo, come potenziarlo con i circuiti e i Kanda,  come sceglierlo, dirigerlo e saperlo guidare.

Sviluppare la percezione di prana nello yoga

Nella pratica di yoga e durante l’insegnamento talvolta il concetto di prana risulta un po’ nebuloso e difficile da definire.

La maggiore difficoltà è quella di rendere in qualche modo tangibile per il principiante questo tipo di percezione, che altrimenti rischia di restare soltanto un concetto teorico e immaginario.

In effetti, può sembrare complicato riuscire a percepire realmente il prana, soprattutto perché in molti casi le indicazioni che vengono proposte sono generiche e confuse.

Ci si sente dire, ad esempio, di andare a sentire l’energia che scorre dentro al corpo, e così via, senza che venga veramente suggerita un’applicazione pratica.

Il Prana, va dove va la Mente

Come fare quindi a guidare l’allievo verso questo tipo di nuova percettività?

Il primo passo è la semplice attivazione di tipo fisico-metabolico, che si ottiene inizialmente portando l’attenzione in una specifica parte del corpo.

Il prana, infatti, “va dove va la mente”, per cui il solo fatto di concentrare la consapevolezza su una determinata zona fa sì che vi confluisca più prana.

Per evidenziare meglio questo tipo di percezione è utile lavorare in modo asimmetrico sul corpo; si inizia, ad esempio, portando l’attenzione su un una mano.

Lo sguardo è esso stesso un veicolo di prana, per cui può essere d’aiuto osservare attentamente la mano.

Si andrà poi a percepirne ogni falange ed ogni piega, a sentirla in ogni singola parte.

Dopo qualche momento essa apparirà più calda, oppure si potrà avvertire una pulsazione o un formicolio.

 

Prana negli asana

Negli asana, per favorire questo tipo di sensazione, non è necessaria un’attivazione fisica molto intensa.

Al contrario, un’eccessiva stimolazione muscolare tenderebbe sì a richiamare l’attenzione su quella zona, ma a farlo prevalentemente in modo passivo.

Per focalizzarsi sulle parti stimolate in maniera meno diretta, la mente dovrà fare ricorso ad una maggiore potenza.

Staccarsi da una percettività di tipo puramente fisico è possibile privilegiando altri aspetti, ad esempio quello del ritmo: è il respiro a condurre il movimento e ad animare l’asana.

Attivare Prana con il ritmo e l’intenzione psichica

Inoltre, per attivare il prana del corpo (il “feto d’oro”) è molto importante spostarsi dall’attivazione fisica a quella psichica.

  • non stiamo appoggiando semplicemente i piedi a terra, ma immaginiamo che affondino nel pavimento o che la forza della terra entri in noi attraverso di essi per colmarci e nutrirci;
  • non pieghiamo il collo lateralmente, ma facciamo rotolare una pallina luminosa dal centro della testa alla tempia;
  • non solleviamo il braccio, ma accarezziamo l’aria con la mano, e così via.

Il movimento acquista una ben precisa qualità, un’intenzione, e rientra nel concetto di pre-animare il corpo che sta alla base del posturale.

Infatti l’intenzione psichica è fondamentale per favorire l’utilizzo della struttura posturale, la cui corretta attivazione rende facile e leggero il movimento e il mantenimento della posizione.

Potenziare Prana con i circuiti e il Kanda

Per gli allievi più evoluti, sarà possibile rendere più potente l’azione di prana attraverso la creazione di circuiti e di kanda, intesi come punti privilegiati nei quali si accumula la vitalità.

Nella tradizione tantrica, come anche nelle tradizioni cinese e giapponese, il kanda principale viene collocato al centro dell’addome, tre dita sotto l’ombelico, mentre altre culture lo localizzano in altri punti, come nel cuore o nella testa.

Le caratteristiche di questi centri sono la capacità di pulsare, irraggiare ed emanare calore, luce e forza.

È possibile creare un kanda in qualsiasi organo o parte del corpo.

Il flusso pranico verrà quindi diretto nel kanda, e da qui potrà essere incanalato verso la mano.

Ben presto si svilupperà la percezione del doppio: sentiremo quella mano più grande, più densa ed omogenea.

È importante definire con precisione queste caratteristiche per aiutare gli allievi a comprendere in che modo questo tipo di sensazione risulta effettivamente tangibile e non è una fantasia.

Ancora una volta, lavorare in modo asimmetrico sul corpo permette di mettere l’accento più facilmente su questo tipo di sensazione.

Prima di passare a lavorare sull’altra metà del corpo, avremo cura di guidare l’allievo nell’ascolto e nell’osservazione delle differenze percettive tra le due parti.

Potrà così identificare e riconoscere quegli aspetti come manifestazioni di prana.

Saper guidare e scegliere Prana

Il circuito che si utilizza può essere non soltanto chiuso e interno al corpo, ma anche aperto verso l’esterno, per andare ad attingere la potenza da elementi cosmici come una stella, la luna, il sole.

Prima di tutto è necessario determinare il tipo di forza che stiamo ricercando in base al nostro obiettivo.

Ad esempio, per rigenerarsi, purificarsi o tranquillizzarsi, si potrà ricorrere alla luna; per ricaricarsi ed acquisire forza sarà preferibile attingere al sole.

Attraverso l’immaginazione della mente è possibile utilizzare del prana freddo per purificare, oppure un tipo di prana caldo per rivitalizzare una parte, e così via.

Per portare all’interno questa potenza andremo dunque a definire con precisione le caratteristiche del prana che intendiamo immettere, immaginandone dettagliatamente il colore, la temperatura, la densità etc.

Questa operazione rappresenta un ulteriore passo avanti, in quanto la mente, oltre a condurre il prana, gli assegna anche una specifica qualità in base agli effetti che si ricercano.

Inoltre non viene soltanto mosso il prana che possediamo in modo naturale, bensì ne andiamo a creare una specifica tipologia secondo la nostra volontà, dandogli realtà e concretezza.

Col pranayama non ci si limita dunque a veicolare il prana, ma si impara anche a gestirlo con la volontà .

Acquisire un tipo di percettività di prana è la base per poi passare al livello successivo ed apprendere anche come padroneggiarlo.

L’asana può essere definita come tale solo quando la mente ci conduce il prana; sentire il corpo non è sufficiente.

Solo attivando questo tipo di percettività sarà possibile realizzare l’obiettivo finale dello yoga: superare l’immagine mentale che abbiamo del corpo, per andare a percepire il corpo reale, unificando Shiva e Shakti.

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