di Eva Nuti
Radicare le nostre Fondamenta…
L’obiettivo di questo esercizio è quello di lavorare sul senso di solidità e di forza, contribuire ad accrescere la robustezza e la centratura dell’individuo.
Benefici della pratica
Dall’esecuzione di questa pratica si possono sperimentare molti benefici per contrastare la sensazione di sradicamento, di una mente che vaga troppo “per aria” come se la persona fosse senza “fondamenta”, senza una base e dunque può essere utile quando si fa forte il bisogno di sentirsi ben ancorati e stabili.
Possiamo trovare questo senso di solidità e di forza nella terra e proprio le forze della terra sono quelle che andremo a utilizzare, le forze praniche che sgorgano dal centro di essa.
… con Parvatasana
Il Prana della Terra
Per far questo assumeremo una posizione, Parvatasana la Dea della Montagna, in cui si appoggiano le mani e i piedi a terra.
In questo âsana la stabilità, la forza e la fermezza degli appoggi è importantissima, è proprio attraverso di questi appoggi infatti che andremo a prendere le forze praniche di cui necessitiamo.
Questo prâna, questa linfa che assorbiamo dalla terra sarà utilizzata per creare il nostro Kanda, il nostro centro di accumulo pranico, che faremo scorrere nel nostro corpo, lungo un percorso appositamente creato e che ben si accorda, ben si sposa con la posizione.
Andremo dunque ad assimilare il Prâna della Terra grazie ai punti che si trovano al centro dei palmi delle mani Talahridaya (cuore del palmo) e al centro dei piedi, esattamente tra i due cuscinetti anteriori, Padahridaya.
Qui si trovano infatti dei marman che sono in grado di assorbire le forze del cielo e della terra (di quest’ultima, nel nostro specifico caso).
I marman funzionano infatti proprio come degli sfinteri che si aprono e si chiudono, permettendo il passaggio del prâna.
In Parvatasana, il peso del corpo ben poggiato sulle mani e sui piedi aiuta, facilita la percezione e la concentrazione della mente su questi punti, cosa molto utile specialmente se non si è ancora molto esperti.
La Consapevolezza percettiva della Posizione
Dopo questa breve introduzione, e prima di iniziare l’esercizio e di assumere la posizione, è bene ricordare alcune questioni che sono fondamentali nel Kriya Yoga e che, se trascurate, andrebbero a inficiarne la correttezza dell’esecuzione rendendone così vani i benefici.
Dal momento che la mente deve condurre il prâna nel corpo, bisogna che il corpo sia ben percepibile dalla mente, condizione per cui è innanzitutto necessario che stia comodo nella posizione in cui si pone, qualsiasi sforzo eccessivo, infatti, indolenzimento o disagio non andrebbe che a distogliere la nostra attenzione o addirittura provocare contratture.
A questo proposito bisogna precisare che la correttezza dell’âsana non sta nel “copiare” con il corpo l’immagine mentale che abbiamo della posizione o che abbiamo vista su un libro, oppure fare agli altri, ma sta nell’assumere una data posizione che scegliamo di fare in quanto vogliamo (e in questo mettiamo la nostra attenzione e intenzione!) stimolare e percepire una precisa parte del corpo, lavorare su quella parte per ottenere qualcosa di definito e che abbiamo stabilito prima di iniziare la pratica.
L’importanza del Respiro
Inoltre, non bisogna mai dimenticare l’importanza e la relazione che c’è tra respiro e movimento e cioè che quest’ultimo deve essere guidato dal respiro, in maniera sincronica. Non solo, bisogna avere la percezione che il movimento si realizzi proprio grazie alla potenza del respiro.
Tutto questo deve aiutarci nell’assumere correttamente un âsana, evitando di andare ad aggiustarci dopo che si è presa la posizione.
Ai fini della corretta esecuzione dell’âsana è bene perciò saper utilizzare in modo corretto la respirazione, e per questo motivo è auspicabile cominciare la pratica con il dedicare qualche istante all’interiorizzazione, al momento in cui andremo a ricollocare l’attenzione dall’esterno al nostro mondo interno e a osservare il respiro, di modo da averne maggiore consapevolezza e poterlo utilizzare con maggior con proprietà e dominio.
Ora la pratica
Andremo dunque ad assumere Parvatasana.
In posizione di partenza, a quattro zampe, flettiamo le dita dei piedi per rivolgerle verso l’interno.
Dopo aver equilibrato inspirazione ed espirazione:
– Espirando, spingiamo sulle mani e solleviamo il bacino verso l’alto (è importante notare che la spinta verso l’alto viene (o meglio ancora, inizia) dalle mani, proprio come se il bacino fosse “respinto” verso l’alto), nel mentre si stendono le gambe e si abbassano i talloni verso il pavimento. Le spalle sono rilassate e la testa è sul prolungamento del tronco. I tratti del volto e la mandibola sono anch’essi rilassati.
– Inspirando si sale sulla punta degli alluci mentre flettiamo le ginocchia per poggiarle a terra e riportarsi a quattro zampe; inselliamo la colonna e solleviamo la testa.
Assorbiamo il Prana dalla Terra
Andremo poi a eseguire il Kriya pranico, perciò, espirando andiamo nella posizione di Parvatasana e la manteniamo.
Adesso, siamo pronti per assorbire il prâna dalla terra e convogliarlo nel kanda principale che è situato nel nostro addome.
Facciamo un respiro addominale profondo e portiamo la nostra attenzione su Talahridaya e su Padahridaya.
Inspiro dunque il prâna terrestre dal cuore dei piedi fino ai lombi (al livello della seconda lombare) e dalle mani all’addome, tre dita sotto l’ombelico (specialmente per i meno esperti è consigliabile, per facilitare la percezione del prâna, dargli un colore, una densità, delle caratteristiche).
Ripetiamo questo kriya per dieci respiri. Inizieremo a sentire un senso di calore nei due punti di accumulo del prâna.
Accumuliano Prana della Terra nel Kanda dell’Addome
Adesso facciamo convergere il prâna accumulato nei due punti in uno solo, al centro dell’addome, dove si situa il nostro Kanda.
Ripetiamo questo circuito, questa azione del movimento di convergenza in un unico Kanda principale per dieci respiri, senza dimenticare, lasciandolo come in sottofondo, il flusso pranico che dalla terra viene assorbito dalle mani e dai piedi.
Potenziamo Prana della Terra nel Corpo
Adesso che abbiamo costruito un serbatoio di prâna, possiamo andare a spostarlo (in questo caso seguiremo un percorso, ma è possibile nei kriya in generale crearne anche altri, a condizione che rispecchino un’intenzione precisa, una volontà, una nostra scelta: “Manas shaktimat Prâna”: la mente dirige e conduce prâna).
In questo caso il nostro obiettivo è quello di utilizzare le forze praniche della terra, farle nostre per andare a rivitalizzare, a riscaldare il nostro corpo prima di lasciarle fluire via.
Dal nostro kanda nell’addome dirigiamo il prâna verso due kanda più piccoli, uno nel perineo e uno nel cuore.
Come nella altre fasi, accumuliamo, carichiamo, riempiamo di prâna questi kanda attraverso dieci respiri e come nelle altre fasi lasciamo in sottofondo i percorsi fin qui effettuati, senza dimenticarcene, lasciandoli nella nostra coscienza.
Adesso, portiamo il prâna dal kanda del cuore al centro del cranio, dove è situato il terzo occhio.
Come in precedenza, carichiamo di prâna con dieci respiri questo kanda, nella consapevolezza del flusso di prâna che dalla terra segue il percorso che fin qui si è “aperto” lungo il nostro corpo, come se il prâna si schiudesse una via e riempisse i nostri organi vitali.
A questo punto il prâna nel cranio attraverserà la sutura sagittale e fluirá via verso l’infinito.
Manteniamo la posizione e il circuito del kriya pranico sentendone la potenza e la forza che dalla terra ci attraversa e ci rivitalizza.
Sperimentiamo una piacevole sensazione di calore, di presenza a noi stessi e di piacere fin quando l’esercizio ha esaurito il suo potenziale.
Con un profondo respiro, tratteniamo a lungo e poi espiriamo con un sospiro liberatorio ed usciamo dall’âsana.
Il Corpo Vitale e la Mente Luminosa
Ci renderemo conto di aver mantenuto la posizione molto a lungo, senza sentire il minimo fastidio, in una sensazione di benessere come se si fosse nella propria confortevole casa, con la percezione del nostro corpo vivo, vitale come “acceso” in tutte le sue parti ma senza essere teso e la nostra mente placata e tranquilla, chiara e pulita, senza che sia attratta e mangiata da un pensiero ossessivo o che svolazzi qua e la tra mille preoccupazioni, saremo perciò ben centrati e saldi, ancorati a terra e con una mente sveglia, luminosa e veloce ma non eccitata e impaziente, senza posa.