di Laura Bonomi, 5° anno Alta Formazione Insegnanti Yoga
Pranayama, il primo approccio
Pranayama. Sono sempre stata incuriosita da questo termine e dal suo denso significato. Tantissime persone interessate allo yoga mi hanno spesso domandato: “ma tu fai pranayama?”, altri affermano con sicurezza: “sai io da anni faccio pranayama … inspiro da una narice ed espiro dall’altra… è bellissimo non smetterei più”; altri ancora sostengono che la lezione di yoga debba concludersi con un esercizio di pranayama e cioè di “respirazione”.
La ricchezza di Pranayama
Naturalmente davanti a queste affermazioni di cosiddetti “esperti del settore”, rimanevo molto perplessa, e la mia confusione al riguardo non faceva che aumentare.
Decisi quindi di documentarmi acquistando “Pranayama” di André Van Lysebeth, e finalmente la mia “nebbia mentale” iniziò pian piano a diradarsi.
Non è possibile ridurre a un banale esercizio respiratorio tutta la ricchezza che racchiude il Pranayama; non riesco a mettermi a respirare “in modo strano” senza avere un obiettivo, una conoscenza di base che mi permetta di capire cosa voglio effettivamente ottenere, attraverso questa pratica, nel mio corpo e nella mia mente. Credo sia anche imprudente approcciarsi a queste tecniche, intervenendo drasticamente sui meccanismi respiratori, senza la guida di un insegnante esperto.
Dai preziosi insegnamenti dei miei maestri dell’EFOA ho appreso che, poiché lo stato della mente è influenzato dal respiro (ad es. un respiro affannoso e superficiale, riflette molto spesso una mente agitata e ansiosa), agire sulla respirazione in modo inconsapevole e poco delicato, potrebbe portare ad un’alterazione anche pericolosa del nostro stato mentale.
E’ essenziale sapere cosa sono Prana e Respiro e che relazione vi è fra di loro affinché si possa effettivamente parlare di Pranayama nella propria pratica di Yoga.
Cos’è Prana
Prana non è un elemento tangibile e misurabile, ognuno di noi ha la propria percezione di prana.
A livello dell’individuo, prana è ciò che ci permette di stare in vita, quella spinta vitale che viene ancora prima della vita, che la preanima e che le permette di autoalimentarsi continuamente.
Ci nutriamo di elementi materiali come cibo e acqua, ma anche di tutto ciò che viene dalle percezioni sensoriali, tramite i cinque sensi si creano impulsi che arrivano alla nostra mente dall’esterno.
L’impatto emotivo derivante da una particolare condizione esterna, per esempio, provoca nel corpo una reazione, di conseguenza si genera un effetto che dà automaticamente una risposta nel corpo, una somatizzazione. Detto questo, la mente, quindi, prende visione di un particolare evento, in modo consapevole o inconsapevole; infatti se questa presa di coscienza non avviene, l’evento comunque non si disperde ma passa nell’inconscio lasciandone traccia.
Quando la mente elabora gli eventi inizia anche a formulare giudizi (“questo mi piace”, “questo non è bello”…) ragionamenti, riflessioni, tutti figli di condizionamenti esterni.
Da questo meccanismo si evince che:
Il meccanismo mentale è generato dalla potenza di uno stimolo psico-emozionale identificato in questo caso con una forma di prana), che produce un effetto in una qualsiasi parte del corpo; prana quindi genera il pensiero (ogni tipo di prana genera un particolare tipo di pensiero, positivo o negativo);
prana sostiene la vita nel corpo e il corpo diventa lo strumento della mente per esprimersi;
prana è quella forte relazione, quell’attrazione che dobbiamo creare o meglio ritrovare fra corpo e mente, affinché la mente possa prendere coscienza (conoscenza) e potere sul proprio corpo, al fine di controllarne e guidarne ovunque la forza vitale
Yoga e prana nel nostro corpo
Attraverso le varie pratiche dello Yoga impariamo a divenire consapevoli, a riacquisire la nostra natura più pura, e con questa, quell’abilità di gestire noi stessi in vari ambiti senza rinunciare mai a quello che siamo veramente. Spesso ci adeguiamo alle esigenze della società perdendo quasi la nostra identità e creando in noi sentimenti quali frustrazione, inadeguatezza, ansia, mancanza di autostima.
Lo yoga può invertire questo meccanismo, può far si che usciamo da questo circolo vizioso, senza annientare il nostro “io”; lo yoga tonifica il nostro ego e fa si che risparmiamo forze ed energie per conservare ed incrementare la nostra riserva pranica.
Perché agire sul Respiro per guidare il prana nel corpo
Il respiro è uno degli elementi vitali per eccellenza e si esprime attraverso l’alternanza delle due fasi di inspiro ed espiro, quindi attraverso una ritmicità che comunque caratterizza tutto il nostro sistema organico e gli permette di rigenerarsi continuamente. Il nostro sistema emotivo (spesso distonico e eccessivamente reattivo) altera il ritmo del respiro che a sua volta influisce sul nostro stato mentale.
Il respiro nutre il nostro essere non solo attraverso l’ossigeno, ma anche attraverso il Prana dell’universo.
Il respiro è l’unico mezzo che abbiamo per ridare, almeno inizialmente, un ordine alla nostra mente. Questo perché il respiro è l’unico meccanismo vitale sul quale possiamo volontariamente intervenire in quanto, oltre ad essere guidato dal sistema vegetativo autonomo, può essere anche comandato dal nostro sistema volontario; quindi può essere un ottimo strumento per influire in modo benefico sul nostro stato psichico e successivamente divenire veicolo per guidare il prana nel nostro corpo.
Come riequilibrare il nostro respiro
Affinché riusciamo a condurre volontariamente il nostro respiro per modificare uno stato mentale, dovremo prima approfondire la conoscenza dei meccanismi che intervengono nella respirazione: sia dal punto di vista fisiologico, che dal punto di vista yogico.
Aspetto fisiologico del respiro
La respirazione si esprime prevalentemente nella gabbia toracica e il suo movimento (tramite l’azione del diaframma) si amplia anche a livello addominale, quindi per ripristinare la naturale mobilità respiratoria dovremo ritrovare quell’agilità (muscolare appunto) e quell’intelligenza del corpo che nel tempo, per effetto di traversie, trascuratezza o somatizzazioni, abbiamo perso. In particolare sarà necessario rimuovere eventuali blocchi che si sono insediati nelle nostre strutture respiratorie.
in tutte le discipline sportive, è sempre la fase inspiratoria che richiede la maggiore attenzione, questa rappresenta la fase muscolare, la fase attiva del processo respiratorio, il momento in cui per vincere la gravità ci attiviamo.
Il valore del respiro nello yoga
TTramite una corretta rieducazione respiratoria possiamo utilizzare il nostro inspiro per capire quanto consapevolmente siamo disposti ad aprirci verso l’esterno, e il nostro espiro per capire quanto siamo disposti ad entrare in noi stessi (abbandonando gli stimoli sensoriali), conservando quella libertà di entrare ed uscire da entrambe le situazioni con agilità e scioltezza;
nell’approccio yogico è la fase espiratoria che tendiamo ad enfatizzare, in quanto rendere questa fase attiva, significa portare in questo atto volontario l’intenzione di purificarsi, di eliminare, di lasciare andare tensioni e paure;
inoltre più diventiamo padroni del corretto meccanismo espiratorio e più facilmente e naturalmente riusciremo ad inspirare e quindi a risparmiare forze e accumulare prana.
Pranayama
Dopo tutte queste considerazioni il mio primo approccio all’annualità di Pranayama mi porta ad affermare che:
non basta fare esercizi respiratori per dire che sto facendo Pranayama, ma devo essere consapevole, devo conoscere il mio corpo e lo posso fare attraverso il respiro (da dentro), solo così potrò costruire la relazione pranica mente – corpo;
nel Pranayama imparo a controllare e a guidare il prana (elefante nella simbologia indiana) affinché questi non prenda il sopravvento sulla mia mente (bambino nella simbologia indiana) destabilizzandola;
il pranayama ci insegna a gestire l’impulso l’emotivo o addirittura a diminuirne l’impatto, per creare una barriera protettiva mantenere quella giusta distanza che ci permetta essere il più possibile obiettivi e di operare scelte non condizionate.
Con lo Yoga nutriamo la parte sana del nostro ego e non siamo più costretti a riempire vuoti profondi, a vivere di illusioni (veli di Maya) e di memorie o proiezioni (vasana) che dominano la nostra vita impedendoci di esserne i veri artefici.
I primi esercizi di approccio al Pranayama
La pratica della prima lezione è, come necessario all’inizio, molto focalizzata sull’aspetto più fisico del respiro. Infatti è necessario allenarsi per:
enfatizzare l’espiro tramite anche sovra contrazioni respiratorie per ripristinarne la corretta mobilità nei tre principali distretti addominale, toracico e clavicolare, ritrovando in ognuno di essi l’aspetto ritmico;
far si che l’inspiro possa richiedere meno forza muscolare (per agire nella logica del “risparmio” di prana);
ricostruire nella mente la percezione dello spazio addominale (la base della respirazione yogica completa) e della libertà, della spontaneità del movimento respiratorio.
Conclusioni
Praticando con costanza le sequenze proposte ho notato una “trasformazione” positiva nella mia percezione del respiro, ho avvertito quanto l’attenzione sul respiro possa modificare pian piano il mio stato mentale, rasserenandolo.
Ogni esercizio ha una sua particolarità, una sua profondità ed è necessaria una grande attenzione soprattutto nelle fasi di ascolto per riuscire a captare quelle sensazioni sottili che arrivano alla mente dopo che ha allentato la concentrazione sui movimenti del corpo e del respiro.
La mia impressione è che la conoscenza del Pranayama potrà davvero cambiare il mio approccio alla pratica di Yoga, portandomi finalmente verso una riscoperta di me stessa, su una strada anche un poco impervia ma senz’altro ricca di sorprese.
La mia intenzione è quella di non perdermi neppure un “respiro” di questa annualità.