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Forme di respiro e Pranayama

Ago 6, 2018 | Pranayama

di Laura Sacchi

Respiro e Prana

Il respiro è veicolo di prana ma non è necessariamente prana.

Non basta portare l’attenzione al respiro e cambiargli i ritmi con degli esercizi per poter dire di aver fatto pranayama.

Per poter dire di essersi anche solo avvicinati al eseguire questa pratica occorre compiere un lavoro più raffinato ed occorre che, sia il respiro che la mente, abbiano determinate qualità.

QUALITA’ DEL RESPIRO FISIOLOGICO

Il respiro se vuol essere portatore di prana, quindi vitalità, dovrà ritrovare la sua naturale regolarità, non dovrà essere caotico o forzato, ma ritmato, un respiro che segue un movimento fluido e pendolare, con fasi di sospensione a pieno e a vuoto, in modo sottile e leggero.

Seguire il respiro serve inizialmente a riportare la mente nella dualità, per calmarla, sedarla se vogliamo, portandola su un movimento ipnotico affinché possa rigenerarsi istantaneamente.

In realtà, nel pranayama, essendo il movimento fisiologico della respirazione solo un veicolo, servirà solo inizialmente e passerà poi in secondo piano qualdo inizieremo a portare prana svincolati da esso.

QUALITA’ DELLA MENTE

La mente deve essere presente con la sua attenzione e concentrazione, quindi necessariamentecon volontà.

Perché lo scopo ultimo è riacquistare la capacità di essere attiva e creativa, libera di immaginare volontariamente nuovi pensieri e non di acquisire passivamente pensieri indesiderati che emergono dall’inconscio, una mente che inventa nuove immagini, di suo piacimento, crea nuovi stampi che una volta impressi nella coscienza, predispongono il cambiamento della realtà. Questa è una mente che plasma la realtà, comanda, libera, ciò che è in suo dominio, manifestando il suo ruolo divino.

ANDANDO PER GRADI

Una volta riordinato in respiro fisiologico, ripristinando le qualità che lo rendono portatore di vitalità, dobbiamo passare a concentrarci su prana, che è un vento, vayu, di natura sottile e per fare ciò dovremo far diventare la sua percezione meno fisiologica, avvalendoci di una tecnica di pranayama che porta il nome di UJJAYI.

SIGNIFICATO DI UJJAYI

Etimologicamente il termine trova le sue radici da UD che significa andare verso l’alto, dove l’alto simbolicamente rappresenta la mente intesa nel suo ruolo di comando e da JAYA che significa evviva.

Possiamo quindi tradurlo con “evviva quello che mi porta ad interagire con la mente” altrimenti espresso con “sia lodato il vittorioso”.

COME SI EFFETTUA

Fisicamente si compie costringendo in una chiusura parziale della glottide come per deglutire, frenando così il passaggio dell’aria nella trachea.

COSA COMPORTA FISIOLOGICAMENTE

Riducendosi lo spazio di apertura da cui viene incanalata l’aria, questa passerà con una maggior forza pressoria ma in quantità ridotta, aumentando il tempo necessario per compiere un’intera respirazione.

All’attivarsi dei muscoli respiratori, quindi con l’espansione e compressione dell’addome e del torace, ne avverrà un ulteriore aumento della pressione interna in espirazione e un’aumentata depressione in inspirazione, che avrà i suoi effetti vsulla circolazione, sullo scambio gassoso tra sangue e aria e sull’elasticità del tessuto polmonare.

COSA COMPORTA A LIVELLO SOTTILE

Lo spazio della gola, grazie alle due corde vocali, è anche la zona di manifestazione del pensiero e quando la glottide va a chiudere la trachea, queste si trovano bloccate, impedendole di proferire parole, che si traduce col bloccare la formulazione di pensieri.

Padroneggiare questa zona con ujjayi, imparando a dosare, gestendo la maggiore o minore chiusura dello spazio della gola, significa saper gestire i pensieri e quindi la mente.

Perché ogni pensiero che produciamo, anche se non lo esprimiamo, automaticamente mette in tensione le corde vocali ed occorre il passaggio dell’aria, vayu, cioè prana, affinché il pensiero non rimanga una fantasia eterica e possa essere portato a compimento con la sua manifestazione.

La pratica di ujjayi, quindi, serve ad evitare la produzione di pensieri non voluti.

Afferma il ruolo della mente e nella vita quotidiana può essere usato costantemente per non farsi dominare dall’emotivo e per mantenere presenza e lucidità.

Per poter approcciare al meglio ai prossimi passi nella pratica del pranayama, occorre creare anche il terreno adatto all’interno della mente, predisponendola al meglio e purificandola da eventuali pensieri parassiti.

Tra le sei tecniche di purificazione, SHAT KARMA, previste nello yoga, di cui buona parte atte alla purificazione del corpo, vi è il KAPALABHATI, che andrò ora a cercare di spiegare.

KAPALABHATI

SIGNIFICATO

Dove KAPA significa testa e BHATI lavare, è una tecnica che porta alla purificazione della mente.

COME SI EFFETTUA

Si compie con una rapida e potente espulsione dell’aria tramite il naso,con associata una forte attivazione espiratoria, contraendo tutti i muscoli preposti al suo compimento, mentre l’inspirazione è passiva, creata dal semplice rilascio di questi muscoli espiratori.

COSA COMPORTA FISIOLOGICAMENTE

Il diaframma in questo caso,nell’inspirazione, non verrà attivato ma, con l’accentuata espirazione, verrà massaggiato ritmicamente il che indurrà il rilasciamento di eventuali contrazioni residue.

Questa compressione massaggerà ritmicamente pure tutti gli organi all’interno dell’addome, eliminandone gli spasmi e stimolando l’espulsione del sangue venoso con le sue tossine, nelle vie respiratorie eliminerà le mucosità residue ed a livello polmonare andrà ad agire sullo scambio d’aria aumentando il livello di ossigeno nel sangue e diminuendo quello di anidride carbonica.

Per questo possiamo parlare di vera e propria iperventilazione.

L’aumentata ossigenazione crea una rivitalizzazione dell’organismo, uno stato di benessere mentale che attenua andrà ad attenuare le rigidità schematiche, rendendo la mente più disinibita, similarmente agli effetti dell’assunzione di alcool ma senza i suoi effetti nefasti.

La pratica di KAPALABHATI togliendo gli irrigidimenti che intrappolano nei percorsi mentali del samskara, che ci porta a compiere sempre le stesse azioni come obbligati dai percorsi di un labirinto, renderà la mente ed il corpo più sciolti ed elastici, liberi di intraprendere nuove immagini e forme.

Questa pratica però, come l’assunzione di alcool, è sconsigliata se la mente è sconvolta emotivamente, perché andando a pomparci prana, amplificherà la condizione attuale, peggiorandola.

UTILITA’ DEL KAPALABHATI NELLA PRATICA

Nello yoga, normalmente, viene utilizzato per preparare alla pratica la respirazione fisiologica stessa ma viene anche utilizzato come preparazione al pranayama infatti, eseguito correttamente, per due tre minuti, si consiglia per tre cicli al massimo, essendoci l’ottimizzazione dei livelli di ossigenazione e anidride carbonica, verificabile con lo sviluppo di un dolce calore vitalizzante, si avvertirà l’assenza di necessità impellente di respirare fisiologicamente.

Potrò quindi iniziare a cimentarmi nel gioco dei riti del respiro.

PRATICARLO CORRETTAMENTE SENZA CREARE AFFATICAMENTO

E’ necessario un addome libero e mobile, che abbia spazio di movimento e, dato che i muscoli affaticati sono muscoli che restano contratti, mentre un muscolo che lavora in modo ottimale è rilasciato, i muscoli espiratori dovranno attivarsi contraendosi con forza e dovranno riuscire a rilasciarsi con l’inspirazione, finché ciò avverrà il kapalabati potrà dirsi tale.

Imparato a gestire queste due tecniche possiamo ora iniziare a giocare col nostro respiro.

Ma questa è un’altra storia….

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