di Paola Zanasi
La mia prima relazione per la scuola EFOA
Questa è la mia prima relazione per la scuola EFOA, ero indecisa se dedicarla alla lezione del pranayama (fare un piccolo riassunto), o se parlare delle mie riflessioni frutto del corso estivo a Tabiano sul Kramavidya.
Ho scelto la seconda.
Cosa cercavo da una scuola per insegnanti yoga
Pratico yoga dal 1999 e l’anno scorso mi sono decisa di intraprendere il corso per diventare insegnante yoga.
che mi tratteneva era il pensiero che chi iniziava un percorso del genere dovesse praticare yoga molto spesso per avere un corpo elastico e fare le posizioni in modo quasi perfetto.
In realtà a me non interessa tanto avere un corpo da circense, ma la cosa che mi preme maggiormente è quella di lavorare col corpo per conoscere meglio me stessa, riconoscere le mie maschere, le mie paure, i miei condizionamenti e imparare a lasciarli andare.
Quello che cercavo da una scuola di yoga non era quello di riempirmi la testa di nozioni, ma fare esperienza. Cercavo strumenti per imparare a comprendere e vedere chi abita questo corpo.
Credo che se non ci identifichiamo completamente con tutte quell’etichette che ci hanno e che ci siamo appiccicato addosso, la vita potrebbe essere migliore.
Perchè l’Efoa
Nell’EFOA ho trovato una scuola che rispetta la persona nella sua totalità, non pretende di insegnare una filosofia complicata o che tu impari i nomi in sanscrito e gli asana più complessi, ma cerca di trasmettere quel sapere frutto di anni di esperienza che trascende la forma e arriva all’essenza.
Gli asana
Uno dei concetti che subito è emerso nei primi giorni di Tabiano è:
“non è la persona che si deve adattare agli asana, ma è l’asana che si adatta alla persona, rispettando i suoi “schemi posturali” e questo mi ha fatto tirare un respiro di sollievo. Una parte di me si è messa in pace.
Ho cominciato così a vivere gli asana senza avere aspettative dal mio corpo, semplicemente, umilmente, senza giudizio. Mi sono sentita liberata da catene mentali.
Non importa se l’asana non è perfetta, ma quello che conta è:
quale impronta mi sta lasciando dentro questa posizione?
Grazie a Françoise ora pratico con piacere e godo nelle posizioni, non mi interessa dove arrivo, m’interessa sentire.
Ad esempio in una lezione, Françoise ci ha fatto fare la posizione dell’ arciere, ci ha chiesto di percepire la forza, l’atteggiamento di fierezza che quest’asana ci trasmetteva. Per la prima volta ho incarnato un asana, ho sentito battere in me la forza, l’elasticità, sentivo di avere uno sguardo fiero e sicuro…
Questa esperienza mi ha permesso di toccare e percepire forze che portavo dentro e dalle quali mi ero allontanata, ora erano lì, l’arciere le aveva fatte riaffiorare, e io mi sono sentita nutrita.
Anche il lavoro sul baricentro è stato molto importante, alcune posizioni mi erano antipatiche, ora invece è diventato un gioco e un piacere praticarle.
Gli asana di equilibrio vanno a contattare quel centro che tutti noi portiamo dentro, e se lo percepiamo e riconosciamo, riusciremo a portare un po’ più di equilibrio nella vita quotidiana.
Ora comprendo anche quello che intendeva dire Roberto a Tabiano quando diceva: “ si fa yoga per smettere di fare yoga”.
Lo yoga ti offre gli strumenti per vivere nella quotidianità, ma quando hai appreso davvero nel cuore gli insegnamenti, forse praticare non è poi così fondamentale.
Al di là dell’aspetto simbolico e sottile che un asana può trasmettere, non viene sottovalutato l’aspetto fisico.
Grazie a Françoise ho scoperto lo yoga posturale, (per ora ho guardato solo i video e mi sono piaciuti moltissimo).
Quest’estate, Françoise ha spiegato l’apparato respiratorio: come avviene la respirazione e quali sono i muscoli che intervengono.
Françoise spiegava che a seconda dei muscoli contratti possiamo avere ripercussioni diverse sul corpo, dopo di che elencava gli asana più adatti per risolvere o migliorare certe situazioni.
Sembra facile…. Ma per me no, nonostante io sia anche infermiera, osservare una persona e capire che ha il tal muscolo contratto e quindi il braccio si muove in modo diverso, o ha la lordosi cervicale perché i muscoli del collo adibiti alla respirazione sono contratti, non è per niente facile.
Ma sono fiduciosa che col tempo tutto mi sembrerà più chiaro.
Ritornando al misticismo
Mi è rimasto solo un dubbio: Françoise ripete spesso che l’hatha yoga non mira all’illuminazione, ma piuttosto offre gli strumenti per vivere più in armonia e in pace con se stessi e con l’ambiente circostante.
Nelle sue lezioni però ho spesso trovato indicazioni che conducono nella direzione del Sè.
Questo antagonismo mi piace moltissimo, perché in questo modo non c’è corsa verso l’illuminazione; ma c’è questo nutrimento del momento presente … e chissà forse proprio in quel nutrimento, quando si è completamente presenti, l’io scompare e la GRAZIA arriva.