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Immobilità e perennità

Giu 2, 2016 | Hatha Vidya

di Paola Cosolo Marangon

Gli schemi corporei

Nella terza lezione viene proposto di lavorare sullo schema corporeo, anzi sugli schermi corporei perché è innegabile che ne abbiamo parecchi e per la maggior parte acquisiti nonostante noi.

Inconsapevolezza

La nostra inconsapevolezza fa sì che mettiamo in atto movimenti che non sono volutamente innescati, che avvengono senza che noi lo vogliamo, ci sono e basta.

Nel momento in cui arriva una riflessione su questo punto è inevitabile sentire l’inadeguatezza del proprio corpo che si approccia allo yoga.

Piano piano si percepiscono gli errori, le impostazioni errate, le tensioni che inevitabilmente si creano nel momento in cui si vorrebbe correggere.

Credo sia ovvio sentirsi come pesci fuor d’acqua alla ricerca di perfezionamento.

La fatica di non giudicare

Mi rendo conto che nel tentare di perfezionamento scappa un giudizio su di me, sul mio corpo, sulle mie posture, sui miei schemi.

Questa è stata forse la fatica più grossa di questa lezione. Capire che la postura e lo schema non sono corretti e non riuscire a dirmi: “accetto questa cosa, la osservo e ci lavoro”.

Il giudizio su di se arriva da lontano, su questo c’è piena consapevolezza, scardinare non è semplice anche se necessario.

È un compito che voglio portare a termine, imparando che sono ciò che sono e lavorandoci posso modificare. E parlo di schema corporeo consapevole che riflette anche molto altro.

Nell’osservazione del mio schema dunque ho provato ad eseguire i “compiti” cercando di accettare senza giudizio e poi lentamente arrivare a percepire pezzetto dopo pezzetto i miei muscoli, i miei nervi, le mie ossa.

Ma quanto è difficile! Sarà un lavoro lunghissimo, di anni e anni ancora.

Non mi spaventa, sono pienamente consapevole che ogni piccolo pezzettino sarà una conquista, non ho fretta, nessuno mi rincorre.

Immobilità

In questo lavoro quotidiano con la pratica, che altro non è se non un lavoro con me stessa, su di me stessa, il tema dell’immobilità è potente.

Ero convinta di saper stare immobile!! Ora ci rido sopra, immobile è quasi impossibile, il solo respirare e sentir battere il cuore e sentire fluire il sangue nelle vene e nelle arterie impedisce l’immobilità.

Ma fino a che non ci pensi, fino a che non ci porti la mente su questa cosa, puoi vivere con la convinzione di saper stare immobile.

Credo fermamente che lo yoga potrà portarmi a vivere in uno stato di immobilità, quando non lo so, ma ci si può arrivare.

Con tanta consapevolezza corporea, con tanta fatica intellettuale, prima di tutto.

Uscire dagli schemi è il compito più grosso, schemi dentro la testa prima che dentro il corpo, dentro una cultura, una pretesa di farci diventare diversi da quello che potremmo essere, conformi.

Di positivo, anzi di fermamente positivo credo ci possa essere il desiderio di superare questo stadio per progredire, un desiderio non in senso lacaniano, psicanalitico, bensì un desiderio consapevole e molto concreto, corporeo.

Dall’immobilità la perennità

Come ricorda la dispensa noi possiamo vivere l’immobilità quando siamo morti, quando cioè tutte le funzioni vitali sono concluse e non vi è più movimento dentro il nostro corpo, ma entriamo in quella dimensione cosmica che fa sì che diventiamo perenni.

Quanto mi piace questa cosa, questo concetto di perennità! Questo essere fatti delle stesse molecole del creato intero e anche al di là, oltre la natura, dentro un universo fatto di spazi vuoti e pieni, aria e luce…

Come direbbe Margherita Hack siamo fatti della sostanza delle stelle, di polvere di stelle.

Questa idea di perennità pacifica ogni assurdità su presunti futuri post mortem, mette a posto le cose, riporta chiarezza alla fonte, riequilibra il pieno assetto molecolare dell’universo.

A me piace pensarlo così probabilmente fuori dall’ennesimo schema.

Sarà quella la vera e perenne immobilità, forse anch’essa apparente. L’universo sembra essere in continuo movimento….

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