di Cristiana Isaro
Hatha Vidyà
Lo hatha vidya permette di entrare in profondità nell’essenza dello Yoga.
Lo Yoga permette di vedere la realtà così com’è; se essa è un sogno ci permette di non farci illusioni e di accettarla in quanto tale. In questo modo ci si libera dell’illusione ma anche della sofferenza.
Il risveglio
Uno degli aspetti peculiari dello Hatha Yoga è quello del “risvegliarsi nel proprio corpo fisico” considerato il “nostro” universo, e in quanto tale l’unico che possiamo conoscere direttamente.
Hatha Yoga significa essenzialmente unione di MENTE e PRANA e del loro supporto fisico, il CORPO.
Dunque il percorso di chi pratica Yoga ha come obiettivo quello della liberazione attraverso l’unione di questi due elementi, ed è un percorso di conoscenza che non finisce mai, dura tutta la vita.
Lo yogi che pratica lo Hatha Yoga è una sorta di mago che non soggiace a degli schemi; i maghi non si fanno condizionare da nulla e non si fanno guidare da nessuno.
Ad esempio uno yogi può essere in grado di trasformare una brutta emozione in una bella emozione.
Vidyâ significa conoscenza; chi conosce è liberato, non si fa coinvolgere dall’esistenza.
La pratica dello Hatha Yoga dovrebbe essere quindi esercitata come Hatha Vidyâ per evitare che esso si riduca a semplice ginnastica corporea.
Tra i vari significati di Âsana vi è “stare seduto” che può sembrare banale, ma in realtà ha un senso profondo.
Non si tratta solo di assumere una posizione bensì di un atteggiamento interiore, uno stato di intensa consapevolezza che si realizza utilizzando il corpo, la mente e il prana.
Il Corpo Vivente
Il corpo è il nostro insieme psico-somatico composto di materia vivente che pensa e si esprime in uno spazio.
Il modo di esprimersi in questo spazio dipende dal condizionamento psichico della persona che compie il movimento.
Normalmente non si è abituati a percepire il proprio corpo; esso si muove appunto nello spazio, ma solo in base alle abitudini di comportamento acquisite dai condizionamenti psichici.
Infatti in generale ci muoviamo secondo gli schemi consolidati in noi che agiscono attraverso la nostra mente razionale, e questo avviene anche a livello corporeo.
Ce ne accorgiamo quando sperimentiamo la difficoltà che il nostro corpo ha nell’assumere posizioni diverse da quelle abituali.
Infatti per poterlo fare bisognerà distrarre la mente razionale e consentire così alla nostra parte più istintiva di realizzare la posizione immediatamente.
Consapevolezza e Equilibrio
Assumere una posizione nello Yoga in maniera consapevole è, ovviamente, un modo molto efficace per comprendere la difficoltà nella percezione del proprio corpo.
Ad esempio nella posizione dell’Albero, Vrikshâsana, l’abbiamo sperimentato; infatti abbiamo visto che chiudendo gli occhi si perde quasi immediatamente l’equilibrio perché nell’ordinario la nostra attenzione è esclusivamente rivolta verso l’esterno.
Tornare poi ad una posizione di “riposo” in piedi e restarci senza provare disagio è incredibilmente difficile; si proverà sempre la sensazione di avere qualche parte del corpo “fuori posto”: addome, petto, schiena ecc.
Dunque, anche una posizione apparentemente così semplice come lo “stare in piedi”, risulta in realtà molto complicata.
Ci sono delle contrazioni, non c’è equilibrio.
Tutto ciò è dovuto ad una difficoltà nel percepire consapevolmente la posizione del proprio corpo.
Questa è una condizione di immobilità statica apparente.
Le cose cambiano nel momento in cui si dà uno scopo alla posizione in piedi, allora si riesce a mantenere una posizione statica immobile reale perché la mente è obbligata a rimanere attenta a diversi elementi per realizzare la posizione.
Ci si accorge di questo assumendo ad esempio, la posizione della “Croce di Sant’Andrea”.
Personalmente ho trovato un grande aiuto nel sentire le radici che dai piedi spuntano ed entrano nel suolo, mi ha dato, giustamente, la sensazione di radicamento a terra e quindi di sicurezza e stabilità.
Sperimentando poi la posizione del “Shiva Danzante” ovvero Natarajâsana, che è decisamente più impegnativa rispetto alle altre in quanto richiede la capacità di stare in equilibrio, ci si accorge che paradossalmente può sembrare più semplice utilizzando la percezione di un bilanciere.
Bisogna però sottolineare che cercando di assumere questa posizione siamo praticamente “obbligati” a cercare il nostro centro, a concentrarci su di esso altrimenti non si riesce.
Probabilmente il “trucco” è proprio questo, una volta che ci si connette, che si sente il proprio centro, è fatta: si sta in equilibrio.