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Hatha Vidya

Mag 2, 2016 | Hatha Vidya

di Valeria Colombo

Hatha, Mente e Prana

Chi pratica Hatha yoga, pratica una disciplina mentale (assolutamente soggettiva), che si realizza attraverso il corpo, con l’assunzione di posizioni “asana”, che hanno la caratteristica dell’immobilità (ma potenzialmente anche la mobilità) e della comodità per un tempo indefinito.

Forza e Unione

Si ricordi che Hatha significa forza, e Yoga significa unione, ma unione di cosa?

E come mai si parla di forza, poiché lo yoga dovrebbe essere una disciplina “a risparmio” di Prana e non usurante?

  1. Unione, intesa come unione di mente e prana;
  2. forza, intesa come lo yoga dello sforzo erculeo.

Lo yoga dei guerrieri, che tradotto con una delle forme archetipali su cui si basa questa disciplina, è lo sforzo che applica lo yogin per scalare la montagna sacra Meru, in verticale, anziché compiendo infiniti giro attorno a essa per arrivare alla cima.

In molti testi si va anche ad analizzare separatamente la parola Hatha, scomponendola in Ha = sole e Tha= luna, i quali, (rifacendoci nuovamente alla simbologia archetipale) , rappresentano:

il sole, il calore, tutto ciò che riscalda, illumina, tutto ciò che è manifesto, che è il mondo di Prana;
la luna, una luce che illumina meno del sole e che illumina zone che di giorno non si vedono, una luce fredda, la luce della mente.

Mente e Prana nel Corpo

Come possiamo unire queste figure al nostro filo logico?

Assimilando la simbologia del sole, Prana, al nostro corpo: il tronco o mondo di prana.

Assimilando la simbologia della luna alla nostra mente: manas il cui confini, vengono idealmente posti nel nostro corpo fisico all’attaccatura del collo,mondo di manas.

Hatha è interazione tra mente e prana.

Prana che si realizza nel mondo esterno, nel corpo, dove Prana è governato dalla mente (manas).

La mente ha il compito di gestire l’immenso potenziale di Prana.

Prana è tutto ciò che promuove la vita e che in modo molto semplificativo, potremmo definire come tutte le funzioni legate alla sopravvivenza, le emozioni, vayu più o meno purificati.

Yoga, disciplina del Risveglio

All’inizio ho parlato di “disciplina mentale assolutamente soggettiva”, in quanto ogni individuo che si avvicini allo yoga, lo farà con il proprio bagaglio di idee preconcette, legate al suo vissuto, a esperienze o forme educative, strutturali e caratteriali personali.

Si può quindi affermare che lo yoga sia un evento psichico, un’ideologia.

A questo punto, ci renderemo conto del significato che assume Vidya nella pratica dello Hatha Yoga, poiché Vidya è osservazione distaccata, senza giudizio, né ragionamento logico: semplicemente rilevare un dato, accorgersi di ciò che è.

Lo yoga è una tecnica di risveglio e un modo per ritornare, per riconoscere la nostra natura, attraverso la realizzazione nel mondo esterno, attraverso il nostro corpo che diventa lo strumento della mente.

La pratica dello Hatha Yoga porta lo yogin a risvegliare, conoscere e perfezionare il proprio corpo, a sincronizzarsi con i ritmi della Natura (Prakriti), fino a volerla trascendere.

Che cos’è il corpo, un cosmo

Finora ho parlato di corpo, ma ritengo utile specificare che il termine “corpo”, in tutto questo discorso, non ha il significato di fibre muscolari, piuttosto che di struttura ossea o organi interni, ma viene inteso come tutto l’insieme psicosomatico di materia vivente pensante.

Per rendere meglio l’idea, si pensi al compito che ogni organo e ogni singola cellula, in ogni istante della nostra giornata compiono e nel caso di alcuni organi, si pensi anche alla trasformazione di emozioni alla quale sono destinati.

Da qui si apre un’ulteriore disquisizione sul significato di microcosmo e macrocosmo.

Per cosmo si intende un sistema ordinato (anch’esso soggettivo, nel senso che ogni sistema è ordinato secondo le regole che lo determinano e che possono essere diverse da un altro).

Potremmo quindi dire che il corpo è un cosmo, sostenuto da ritmi ordinati (i propri) e completo di tutto ciò che gli necessita, ma aperto all’esterno (Universo).

L’universo è un sistema chiuso poiché nulla gli proviene da fuori, ma dipende dall’insieme di corpi dei quali è composto, come il nostro corpo è costituito e dipende dall’insieme delle cellule che lo compongono.

Il corpo è un cosmo “pensante”

Il nostro corpo è quindi lo strumento, ma anche lo spazio attraverso il quale percepire l’esterno, ovvero una “realtà” fatta di ideologie, di strutture, che diventano un punto di riferimento delle nostre azioni.

Ma se le percezioni derivanti dall’esterno, non fossero la “realtà”, o così imprecise da essere addirittura falsate?
Ecco quindi la necessità di risvegliarci e di farlo proprio attraverso l’unione di mente e corpo tramite il prana, per riportare la percezione a una dimensione più interiore, quindi più precisa, diretta, reale.

Il rapporto con il nostro corpo è un rapporto privilegiato.

Possiamo agire attivamente su di esso, possiamo indurlo a cambiare, gestire i principi vitali, gestire la qualità di prana (più o meno raffinato e purificato), che andrà a creare la scintilla per la formazione di pensieri, che diverranno le nostre azioni o che si trasferiranno sul soma, influenzando così anche la qualità di vita.

Il corpo è un sistema sensoriale di benessere

Il nostro sistema sensoriale, non è solo legato ai cinque sensi, che sono delegati al rapporto con l’esterno.

Il sistema sensoriale primario è delegato alle funzioni vitali primarie, legate alla sopravvivenza ed è il sistema neurovegetativo involontario: tutto l’insieme di funzioni vitali che possiedono ritmi propri, che se variati o “intaccati” da nostri risentimenti, non riescono a tornare autonomamente alla situazione precedente.

Il respiro invece è un sistema neurovegetativo misto, in quanto ha la matrice involontaria a sostegno delle funzioni vitali di sopravvivenza, ma su di esso possiamo agire anche in modo volontario, alterando o recuperando dei ritmi o cercando di trascenderli, (da qui l’atto di forza che lo yogin compie durante la pratica).

Tornando alle percezioni sensoriali interne, possiamo affermare che durante una pratica o una meditazione lo yogin non si distacchi affatto dal proprio corpo, ma casomai, si uniformi, si integri e si fonda completamente in esso, divenendo un tutt’uno, riempiendosi talmente di sé, da non essere altro che sé.

La percezione sensoriale dovrebbe essere in effetti, una percezione di piacere, di benessere e non la percezione distorta della sofferenza o di qualcosa di disturbante.

Ne deriva che il tipo di percezione distorto che normalmente usiamo, sia anch’esso frutto di un’ideologia falsata, in quanto la consapevolezza corporea altro non è che la precisa percezione dello stato di benessere dell’individuo.

Se pensiamo agli effetti che le sensazioni di benessere, gioia, voluttà, portano al nostro intero sistema psicosomatico, non possiamo fare a meno di affermare che a una maggiore attenzione percettiva da parte della mente, corrisponda uno stato maggiore di salute e vitalità del corpo.

Il nostro corpo per potersi esprimere ha bisogno di spazio, che viene detto Kinesiosfera e le modalità di utilizzo di questo spazio sono prettamente individuali, in quanto l’interazione con lo spazio, la postura e perfino il respiro cambieranno a seconda del personale atteggiamento di ogni individuo.

Dove un principiante mostrerà postura o movimenti imperfetti, uno yogi agirà sulla propria kinesiosfera in modo armonico e mirato.

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