di Daniela Pozzi
Hatha yoga
Non esiste un solo tipo di yoga, ma ce ne sono un’infinità perché lo yoga si struttura sull’opinione che ciascuno di noi ha del mondo.
“etimologicamente yoga”
Da un punto di vista etimologico yoga deriva da “yuj” che significa “unione”, ma non nel senso di legare perché al contrario, una delle sue caratteristiche, è proprio quella di liberare l’individuo dall’illusione (Maya), per renderlo capace di osservare il mondo così com’è.
Lo yoga è una tradizione vivente che si arricchisce, si evolve e si modifica nel tempo. Dobbiamo quindi capire prima di tutto che cos’è lo yoga per noi, considerando che nel corso della vita la nostra visione dello yoga può anche cambiare.
Generalmente ci si avvicina a questa disciplina con la speranza di sentirsi meglio, sia da un punto di vista fisico che mentale.
Purtroppo non sempre è possibile realizzare questo obiettivo che richiede in primo luogo un miglioramento delle potenzialità della mente. La parola “hatha” è invece composta dai termini “ha” e “tha” che sono gli acronimi di sole e luna.
Hatha significa anche forza, determinazione, ma non ci si riferisce tanto alla forza che deriva dall’uso dei muscoli, ma a quella interiore, alla potenza che la mente può sviluppare utilizzando la volontà.
Far crescere questa forza ci permette di realizzare la nostra vita in rapporto a noi stessi e in rapporto al resto del mondo.
Mente e prana
Se la nostra mente fosse isolata dal mondo esterno, vivrebbe in uno stato di totale beatitudine. Occupandosi solo di sé e centrandosi, la mente diventerebbe completamente limpida.
Invece essa è disturbata da tutto ciò che appartiene alla nostra realtà, ovvero dal corpo fisico e dalla dimensione emotiva e pulsionale.
Il prana si manifesta in una moltitudine di forme diverse, una di queste è l’attività psichica interiore. Essa promuove la vitalità e consente ai pensieri di concretizzarsi.
Nella tradizione indiana il prana è raffigurato come un elefante, simbolo della potenza e della forza, che si fa guidare da un bambino, che invece rappresenta la mente. La mente è fragile ma anche pura, proprio come un fanciullo, il quale, senza possedere la conoscenza, riesce a comandare il prana.
Invece molto spesso è il prana, l’emotivo, che prende il controllo della mente. Praticando l’hatha yoga andiamo a potenziare la vitalità (cioè il prana) per ricongiungerla alla mente, conferendo a quest’ultima il ruolo di comando che le è proprio.
Ordine e vidya
Cosmo vuol dire ordine, è l’opposto di caos. Nella filosofia indiana l’ordine è Prakriti, la Natura, la forza motrice primordiale del Cosmo.
Il termine prakriti (come anche la parola prana) contiene il prefisso “pr” che significa promuovere, dare una direzione alla Vita (Uni-verso).
La Prakriti quindi promuove la direzione e quando tutto va nella stessa direzione, abbiamo l’universo. Una modalità per dare ordine alle cose è l’osservazione, la vidya.
Quando siamo osservati infatti, cerchiamo di ricomporci e di farci belli. Vidya è la capacità di osservare, ma purtroppo l’uomo moderno non è più in grado di farlo. In genere guardiamo l’insieme delle cose, ma senza la consapevolezza di un elemento in particolare.
L’osservazione deve avvenire con intenzione e non in modo passivo.
Essere coscienti, vuol dire osservare tutto indistintamente, la consapevolezza invece si ottiene quando ci focalizziamo su un solo elemento. E questa consapevolezza ci porta alla conoscenza immediata della realtà dell’elemento osservato.
Vidya è saper osservare avendo scelto con intenzione l’oggetto della nostra osservazione.
Consapevolezza e hatha yoga
La consapevolezza è un aspetto fondamentale dell’hatha yoga.
Nell’asana spesso viene condizionata dal fastidio, dal dolore o dall’intenso stimolo che una parte del corpo ci trasmette.
Nel concetto di hatha non è presente il corpo.
Ha e tha (sole e luna) sono due elementi che stanno in cielo e che illuminano la terra.
Essi rappresentano il prana e la mente che manifestano nel corpo (la terra) la loro vitalità.
Il corpo è quindi il supporto che consente alla mente e al prana di esprimersi e di relazionarsi con il resto del mondo.
E’ anche quell’elemento in cui il prana e la mente possono unirsi.
Quando la mente però non riesce a controllare il prana, può decidere di concretizzare il suo fastidio e il suo disagio nel corpo attraverso la somatizzazione.
Ci sono tanti aspetti della mente.
La mente organica si occupa della dimensione fisiologica e fa funzionare il corpo a livello metabolico e cellulare.
Questo tipo di mente è spesso costretta a riparare agli errori della mente razionale che sollecitata dall’emotivo va ad agire in modo negativo sul corpo.
Quando la mente organica non è più in grado di intervenire, una parte del corpo, in genere quella più debole, si ammala.
Il dolore serve quindi a richiamare l’attenzione della mente che ha perso il contatto con il corpo perché non lo monitora più con il prana.
Se osserviamo i nostri animali domestici, ci rendiamo conto che, quando questi hanno soddisfatto le loro funzioni primarie (ad esempio nutrirsi), se ne stanno assorbiti in sé stessi, identificandosi con la percezione del loro corpo.
Negli esseri umani questa capacità si è perduta e la mente non è mai presente nel corpo in modo vigile.
Con l’hatha yoga, attraverso il potenziamento di prana, si ricrea il contatto tra mente e corpo.
La percezione del corpo
Il corpo vive perché è animato, non è solo un insieme di muscoli. Attraverso i cinque sensi esso entra in relazione con il mondo esterno.
Esistono però anche delle forme di percezione interne al corpo, che costituiscono nel loro insieme la propriocezione, ovvero la percezione di noi stessi.
Ci sono delle parti del corpo che sono più propriocettive di altre, come ad esempio i muscoli, ma solo quelli del movimento hanno molti recettori nervosi sensoriali.
I muscoli posturali invece no, forse perché lavorano in modo quasi ininterrotto e la loro percezione potrebbe disturbarci (pensiamo ad esempio al diaframma).
Quando pratichiamo un asana, i muscoli si stirano e si contraggono e questi movimenti vanno ad attivare dei sensori che trasmettono al cervello la percezione della parte che abbiamo attivato. La nostra consapevolezza si porta in modo automatico solo sulla fibra che è stata stimolata.
La mente va nel corpo volentieri se questo sta bene, quindi l’asana deve essere facile, zuccherosa. Se lo yoga viene praticato in modo corretto, non dovremmo sentire alcun affaticamento.
Asana non è fare una posizione e portare il corpo ad assumere una certa forma, ma è soprattutto stimolare attraverso la forma la nostra interiorità.
Conta quindi l’atteggiamento comportamentale che introduciamo nell’asana. Di conseguenza, se si va ad agire sulla postura, andremo anche a modificare il nostro comportamento.