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La luce che si accende

Mar 16, 2016 | Prana Vidya

di Paola Cosolo Marangon

Vidya, un nuovo approccio

“L’uomo che, abbandonando tutti i desideri, va e viene, libero da attaccamento, non dice più: “È mio” né “Io”; quegli accede alla pace”.

Bhagavadgītā, canto II – 71

Prima lezione dell’annualità Prana Vidya

Cambiare approccio rispetto alle annualità precedenti è una sfida a rompere con automatismi sempre in agguato.

Con Vidya si accede al mondo dell’osservazione con una componente tutta singolare: astenersi dal giudizio.

Le annualità di Kundalini e Kriya prevedevano l’utilizzo della conoscenza, del ragionamento, dello studio; con Vidya si accede al mondo dell’esistente, di quello che c’è indipendentemente da me.

E’ ovvio che il nuovo approccio possa incuriosire ed attivare quella risorsa interna in ciascuno di noi presente, ma difficilmente consapevole.

Il giudizio come sistema valutativo

Vidya propone di entrare nella logica dell’osservazione profonda senza giudicare.

E’ una logica aliena al nostro tempo, siamo abituati fin dalla tenera età a fare le cose in funzione della valutazione esterna, come fossimo costantemente sotto esame.

Il bambino mentre compie le proprie azioni, osserva l’adulto e attende un cenno di approvazione; già da piccolissimo impara che il giudizio degli altri è importante, altrettanto impara che può essere castrante o inibente.

Questa logica valutativa viene rafforzata da un sistema scolastico volto al raggiungimento dello sviluppo meramente cognitivo; difficilmente ci si trova davanti ad insegnanti pronti a tenere in considerazione le intelligenze multiple dell’individuo.

Questo back ground giudicante, ce lo portiamo dentro e impariamo – nostro malgrado – a utilizzarlo anche nei confronti di noi stessi.

La proposta di utilizzare un’osservazione esclusivamente per “vedere” che cosa sta accadendo, senza cedere al tentativo di pensare che ci sia qualcosa di sbagliato o di brutto, o di bello, è assolutamente interessante.

 

Rompere schemi

A piccoli passi ci si può allenare per imparare ad osservare con gli occhi della mente, utilizzando tutto quanto è in nostro possesso, ovvero tutte le nostre facoltà percettive sviluppate fino ad oggi.

Iniziando con il respiro, ad esempio, si può scoprire un mondo nuovo, un mondo che in realtà è sempre esistito dentro di noi – siamo noi – ma non si era mai svelato.

Osservare senza giudicare è essere disposti a rompere schemi precedenti, liberarsi dal laccio del già conosciuto per aprirsi alla novità data dalla scoperta di qualcosa che non conoscevamo.

Punto di forza è il non voler modificare, ma attivare antennine fresche, appena nate, perciò curiose.

 

La luce in soffitta

A proposito di rottura degli schemi:

in una proposta di osservazione del respiro, della sua espansione, della sua profondità, ho avuto la netta sensazione di vedere accendersi una luce dove prima era notte fonda (o inesistenza della parte perché forse mai considerata).

La proposta era la seguente:

inspirare sollevando le braccia lateralmente e in contemporanea sollevarsi sulla punta dei piedi, in fase espiratoria scendere con le braccia e riappoggiare i talloni a terra.

Il cambio di schema proponeva di osservare che cosa accade quando si invertono movimento e respiro, quindi con l’espiro ci si solleva sulle punte dei piedi e si sollevano le braccia lateralmente e con l’inspiro si scende.

E’ lì che si è accesa la lampadina: il movimento inverso andava in totale controtendenza rispetto a quello che avevo sempre fatto.

L’elevarsi inspirando era qualcosa di naturale e – adesso me ne rendo perfettamente conto – automatico.

Per quanto mi sforzassi di osservare, il tutto andava liscio ed entrava nella logica delle cose conosciute.

Nel momento in cui si è rovesciato lo schema, ho avuto la netta percezione di scoprire una nuova porzione dei miei polmoni, ho sentito il respiro arrivare in un luogo fino a quel momento sconosciuto.

Da lì è stato estremamente interessante “giocare” con il respiro, cogliere l’intensità, la profondità, la sottigliezza piuttosto che la forza.

Quella porzione dei miei polmoni è sempre stata lì, ma non avevo ancora indossato l’occhiale adatto a vederla.

La frustrazione che aiuta a crescere

La proposta di cambiare prospettiva, movimento inverso al noto, all’usuale, pone una frustrazione.

Ci si trova di fronte ad un qualcosa che mette in difficoltà, allora arriva spontaneo il voler giudicare il tutto, disponendosi già in maniera oppositiva al percorso.

Quando ci si libera da questo e si vive l’esperienza scevri dal giudizio, ecco che si accende la “lampadina”, aperti a nuovi esiti.

Si scopre che la frustrazione può diventare un incentivo, l’importante è non volerla rubricare subito come negativa, ma aprirla alla possibilità.

 

 

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